Il labirinto ed il sistema dell'equilibrio
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Il sistema
dell’equilibrio è un complesso apparato deputato alla regolazione della postura, allo scopo di mantenere
la stazione eretta sia in condizioni statiche che durante il movimento, e
delle relazioni tra i movimenti del capo e la
posizione gli occhi, per consentire la messa a fuoco dell’ambiente
circostante anche durante il movimento.
In sintesi, il sistema dell’equilibrio integra a livello cerebrale le informazioni relative alla posizione della testa e del
corpo in relazione all’ambiente circostante provenienti dai due labirinti (parte dell'orecchio, che quindi oltre
alla funzione uditiva partecipa anche alla regolazione dell'equilibrio),
dalla vista, e dai recettori dei muscoli e
delle articolazioni (sistema propriocettivo),
per generare una risposta utile attraverso la muscolatura del tronco e
degli arti ed il movimento coniugato degli occhi. Ulteriori informazioni
supplementari derivano dall’udito, dalla pianta dei piedi e perfino
dall’apparato stomatognatico (denti, articolazione mandibolare).
In condizioni fisiologiche questa fine regolazione dell’equilibrio e dei
movimenti degli occhi avviene al di sotto del livello di coscienza, in modo automatico, senza cioè che sia presente
una partecipazione attiva volontaria e senza che ce ne rendiamo conto.
Nell’ambito del sistema dell’equilibrio, costituito da diversi recettori
periferici, nervi che trasportano le informazioni dal cervello alla
periferia, e centri e vie a livello del sistema nervoso centrale, viene
indicato come 'apparato vestibolare'
l’insieme dei recettori del labirinto, del nervo vestibolare, dei nuclei
vestibolari nel tronco dell’encefalo. Per estensione il termine 'vestibologia' viene usato per indicare
quella branca dell’otorinolaringoiatria che si interessa della diagnosi e
della terapia della vertigine e dei disturbi dell’equilibrio in senso
lato. Diffuso, per indicare questa branca della medicina è anche il
termine “otoneurologia” che meglio
sottolinea l’integrazione combinata tra orecchio interno e cervello.
E’ bene però precisare che, a dispetto da quanto può apparire da alcuni
siti Internet, non esiste una specializzazione in
Vestibologia, né tanto meno in Otoneurologia e che i “vestibologi”
e gli “otoneurologi” altro non sono che specialisti otorinolaringoiatri,
con lo stesso identico titolo di quelli che operano le tonsille o il
naso, ma che si interessano in modo peculiare di questi disturbi.
Per svolgere la sua funzione il labirinto
di ciascun orecchio interno possiede alcuni recettori specializzati, le cupole dei canali semicircolari, sensibili
soprattutto ai movimenti rotatori, e le macule del
sacculo e dell'utricolo, che rispondono ai movimenti lineari del
capo ed alle variazioni di posizione. Tutti questi recettori sono
contenuti all'interno del labirinto membranoso, a sua volta racchiuso nel
labirinto osseo. All'interno del labirinto membranoso circola un liquido,
l'endolinfa, mentre tra la parete membranosa
e quella ossea circola un altro liqudo di composizione differente, la perilinfa. Una analoga suddivisione, con continuità
tra i due settori funzionali dell'orecchio interno, si ritrova nella coclea, ovvvero l'area del labirinto deputata alla
funzione uditiva. Proprio ad un eccesso di questi
liquidi (soprattutto dell'endolinfa, a diretto contatto con i
recettori, ma anche talvolta della perilinfa), riteniamo, alla luce delle
nostre recenti ricerche, di poter attribuire, in parte o in tutto, la
maggior parte dei disturbi dell'orecchio interno (disfunzione
idromeccanica dell'orecchio interno) incluse le vertigini ed i disturbi
dell'equilibrio.
L'eccitazione o l'inibizione di questi
recettori, in occasione di movimenti del capo o a causa di una loro
disfunzione, genera movimenti oculari riflessi (nistagmo,
riflesso vestibolo-oculomotore) e variazioni
del tono muscolare degli arti e del tronco (riflesso
vestibolo-spinale). La vertigine di origine labirintica è
l'espressione di una risposta del recettore inadeguata rispetto al
movimento, o in assenza di alcun movimento, mentre il disturbo
dell'equilibrio, quando correlato ad una patologia del labirinto, deriva
dall'incapacità dei recettori di informare in modo
corretto circa lo stato gravitazionale del nostro corpo. Lo studio
funzionale del labirinto viene prevalentemente effettuato, infatti,
analizzando le due funzioni, ovvero i movimenti degli occhi e
l'equilibrio.
Sindomi vertiginose e disturbi dell'equilibrio
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Generalmente le diverse sindromi
vertiginose vengono descritte e classificate sulla base delle
caratteristiche e dell'evoluzione dei disturbi riferiti dal paziente,
ritenendo addirittura di poter attribuire, senza nemmeno eseguire una
valutazione adeguata dell'organo che si ritiene alterato, particolari
tipi di vertigine ad una determinata causa. In realtà, l'ipotesi di un
meccanismo comune (la disfunzione idromeccanica dell'orecchio interno)
alla base di quasi tutte le sindromi vertiginose ed i disturbi
dell'equilibrio (pur se con diverse modalità di comparsa, evoluzione e
sintomi associati), rende meno significativa e meno rigida la distinzione
tra i diversi quadri clinici.
Riteniamo comunque utile mantenere ai fini didattici, più che pratici, la
tradizionale suddivisione tra vertigini episodiche
non ricorrenti, vertigini ricorrenti
e vertigine soggettiva continua.
Le sindromi
vertiginose acute episodiche non ricorrenti sono caratterizzate da
un unico episodio vertiginoso molto intenso,
in cui la vertigine rotatoria può durare per diverse
ore o anche per qualche giorno,
attenuandosi progressivamente, accompagnata da intensi
sintomi neurovegetativi (nausea, vomito, sudorazione, pallore)
e da marcata instabilità con tendenza a cadere verso il lato leso. Alla
vertigine possono associarsi sordità improvvisa
monolaterale ed acufeni (rumore nell'orecchio). Sebbene la
vertigine tenda a scomparire in pochi giorni (o anche più rapidamente) il
disturbo dell'equilibrio può persistere più a lungo. Il sistema
dell'equilibrio tende però ad adattarsi, in un tempo più o meno lungo,
alla nuova situazione, sviluppando un 'compenso
vestibolare' che permette al paziente di di recuperare
l'equilibrio pur in presenza di un labirinto irreparabilmente
danneggiato. Quando il compenso non si sviluppi in modo adeguato può
essere necessario aiutarlo mediante la riabilitazione
vestibolare.
Erroneamente tutte queste sindromi labirintiche acute, che riconoscono
una causa infettiva, circolatoria o traumatica, vengono indicate con il
termine di 'labirintite', ma
spesso la lesione non avviene a livello del labirinto stesso bensì delle
fibre nervo vestibolare (nevrite o neuronite
vestibolare). Probabimente oggi questi quadri di vertigine
prolungata di lunga durata con alterazioni irreversibili del labirinto
sono molto più rari di quanto non si creda e
non è da escludere che in realtà molte 'labirintiti' o
'nevriti vestibolari' corrispondano in realtà ad un primo episodio
di malattia di Meniere (vedi più avanti), non sempre facilmente
identificabile in occasione di una prima crisi e che la durata della
crisi stessa sia spesso sopravvalutata. Lo stesso miglioramento dei
disturbi del paziente (spontaneo o con la riabilitazione) potrebbe in
realtà essere spesso dovuto più ad un reale recupero della funzione
transitoriamente persa del labirinto che non al presunto compenso
vestibolare, ma ben raramente viene riproposta al paziente una nuova
valutazione funzionale (se mai precedentemente eseguita) per comprendere
le causa del miglioramento.
Nella maggior parte dei casi, peraltro, le
crisi vertiginose sono di breve o media durata (secondi, minuti, al
masimo qualche ora) pur potendo recidivare a distanza di tempo variabile
configurando il quadro di una sindrome vertiginosa
a crisi ricorrenti.
Le due più frequenti forme appartenenti a questo gruppo (crisi
vertiginose ricorrenti) sono la malattia di Meniere
e la vertigine posizionale parossistica benigna
(conosciuta anche come 'cupololitiasi'
o 'canalolitiasi').
La malattia o
sindrome di Ménière (dal nome del medico francese Prospero
Ménière, che per primo comprese la responsabilità dell'orecchio nelle
vertigini, oltre 150 anni fa), è una patologia dell'orecchio interno
caratterizzata da fluttuazioni della capacità
uditiva (che portano con il tempo, in assenza di trattamento, ad
ipoacusia progressiva ed irreversibile nell'orecchio colpito), acufeni (rumore nell'orecchio), senso di orecchio chiuso o pressione nell'orecchio,
(un segno tipico che già da solo dovrebbe far sospettare questa diagnosi)
e crisi vertiginose tipiche recidivanti,
generalmente di tipo rotatorio, con andamento capriccioso ed imprevedibile,
di durata variabile da circa 20 minuti a diverse
ore, precedute da un aumento dei disturbi uditivi e accompagnate
da intensi sintomi neurovegetativi (nausea,
vomito, sudorazione, variazione della frequenza cardiaca e della
pressione arterisoa). Alla base di tale sintomatologia vi è (e questo
è accettato da tutti) l'abnorme aumento di volume e pressione dei liquidi
labirintici (idrope endolinfatico) per varie
cause che possono differire di caso in caso.
Questa definizione della malattia di Meniere, alla quale abbiamo
dedicato, per la sua particolarità, un apposito documento specifico in
questo sito, è, a nostro giudizio, eccessivamente
rigorosa. In realtà lo stesso meccanismo (l'idrope) o ) può
manifestarsi con sintomi ed evoluzioni estremamente
variabili, da quadri con vertigini senza
sintomi uditivi a disturbi fluttuanti (o
anche stazionari) dell'udito, senza che siano mai comparse vertigini,
a quadri con vertigini atipiche di breve durata
scatenate dal movimento o solo con vaghi
disturbi soggettivi dell'equilibrio o addirittura solo con ovattamento o pressione auricolare e
perfino solo con acufeni. Anche
l'irreversibilità progressiva dell'ipoacusia non è sempre tale, come
dimostrato dalla possibilità in molti pazienti di
recuperare l'udito già perso, con l'opportuno trattamento, anche a
distanza di anni. Per convenzione (scelta che decisamente non approviamo)
però, la definizione di 'malattia di
Meniere' viene riservata solo alle forme tipiche, lasciando
purtroppo molti pazienti senza una vera diagnosi, per poi comprendere la
vera natura della patologia (ed instaurare quindi una cura adeguata) solo
quando magari compaiono altri sintomi prima non presenti. In assenza di
questa rigida convenzione, che rispettiamo solo per non generare
ulteriore confusione, potremmo affermare che quasi tutte le sidromi
vertiginose ed i disturbi dell'equilibrio sono sostanzialmente dovute
alla malattia di Meniere, ben più frequente quindi di quanto si
sospetti. Preferiamo utilizzare per le forme atipiche, che pur avendo
secondo noi identico meccanismo sottostante, si manifestano in modo non
classico, la nuova definizione da noi coniata di 'disfunzione idromeccanica reversibile dell'orecchio
interno', che ha il vantaggio di spiegare come il disturbo
derivi più dall'azione meccanica (reversibile) dei liquidi in eccesso che
non da un deficit irreversibile del recettore.
La 'vertigine
parossistica posizionale benigna' si manifesta, invece, con
crisi di vertigine rotatoria ricorrenti di durata limitatissima,
parossistica (da qualche secondo ad un minuto o
poco più), che si verificano prevalentemente compiendo particolari spostamenti del capo o
nell'assumere particolari posizioni. Nella forme più tipiche, la
vertigine compare al momento di coricarsi a letto, nell'alzarsi o nel
girarsi sul fianco. Per molti anni si è ritenuto che tali situazioni
potessero derivare dall'artrosi cervicale (forse in assoluto la causa
meno probabile di vertigine, ma ancora oggi molti medici sembrano
crederci), mentre oggi sappiamo che la sede della
patologia è il labirinto posteriore, ovvero la parte dell'orecchio
interno che appartiene dal punto di vista funzionale al complesso sistema
dell'equilibrio. L'esatto meccanismo fisiopatologico che è alla base di
questa situazione clinica non è ancora del tutto noto, ma la teoria più accreditata è quella della
'cupololitiasi' o 'canalolitiasi', formulata già
da diversi anni, secondo la quale la vertigine sarebbe secondaria al
distacco di otoliti (concrezioni minerali
presenti sui recettori del sacculo e dell'utricolo), che ecciterebbe i
recettori dei canali semicircolari in occasione del movimento.
Questa teoria ufficiale, ormai universalmente accettata praticamente da
tutti gli specialisti, è stata da noi recentemente messa in dubbio in
base al riscontro di molte analogie tra questa
sindrome e la malattia di Meniere (presenza di acufeni ed
ovattamento anche in pazienti con vertigini posizionali, alterazioni agli
accertamenti strumentali audiologici e vestibolari simili, andamento
fluttuante con remissioni e riacutizzazioni spontanee, frequente
abbinamento dei due tipi di vertigine nello stesso paziente, fattori
scatenanti simili ecc).
La dimostrazione che anche le vertigini posizionali
benigne posono essere trattate con terapie attive sull'idrope ci
ha definitivamente confermato che, quanto meno, la
sola teoria del 'sassolino vagante nell'orecchio' non basta a
spiegare questa patologia e che anche questo tipo di vertigini,
delle quali credevamo di sapere quasi tutto, sono nella maggior parte dei
casi (se non sempre) espressione di una disfunzione
idromeccanica dell'orecchio interno, come per la malattia di Meniere
o per altre sindromi vertiginose per le quali tale ipotesi non è mai
stata presa in considerazione.
Un terzo gruppo (molto frequente) è
caratterizzato da un sensazione di disequilibrio
soggettivo più o meno continuo, descritto come sensazione di camminare su una superficie molle o di
essere 'in barca', con fluttuazioni nell'intensità del
disturbo, senza vere e proprie crisi di vertigine rotatoria, ma spesso
vissuto dal paziente in modo estremamente invalidante. Tali situazioni
sono spesso, da altri specialisti, attribuite a problematiche
posturali od alterazioni delle informazioni derivanti dai
propriocettori muscolari e articolari o a problematiche connesse
all'articolazione temporo-mandibolare, a patologie neurologiche
('vertigini centrali') o infine a cause esclusivamente
psicogene (vertigine fobica posturale). Il
ruolo del labirinto (orecchio) quale sede di origine di questi disturbi
non viene generalmente riconosciuto perché nella maggior parte di casi ci
si limita a studiarne l'integrità funzionale solo con test tradizionali
del tutto insufficienti a rivelarne alterazioni (ad esempio l'irrigazione
dell'orecchio con acqua fredda), peraltro con metodiche non affidabili.
Solo in tempi più recenti si è iniziato a dare sempre maggior importanza,
quale causa di disequilibrio soggettivo ad alterazioni,
anche minime, di alcuni particolari recettori del labirinto (le
macule dell'utricolo e del sacculo) che è possibile però studiare solo con accertamenti particolari praticamente
sconosciuti dalla maggior parte degli specialisti.
Avendo modo, presso il nostro Centro di eseguire sistematicamente uno studio funzionale anche di questi settori più trascurati
del labirinto, la nostra attuale opinione è che questi disturbi
siano da attribuire più a disfunzioni di questi recettori che non al
sistema propriocettivo (muscoli, articolazioni, ATM) e che rispetto al
fondamentale ruolo svolto dal labirinto nel controllo dell'equilibrio, il
sistema propriocettivo sia solo una riserva, incapace, in presenza di un labirinto perfettamente
funzionante, di creare disturbi rilevanti.
I fattori psicoemotivi devono però essere
sempre tenuti in considerazione nel valutare correttamente i pazienti con
disequilibrio soggettivo, e più in generale tutte le sindromi
vertiginose, poichè spesso ad alterazioni evidenti
corrisponde un disturbo soggettivo minimo o assente, mentre disfunzioni
appena percepibili (che però si riscontrano ad un attento esame
funzionale di tutto l'orecchio interno, in molti pazienti), possono risultare per il paziente stesso estremamente
invalidanti.
Anche in questo caso la causa del cattivo funzionamento di questi
recettori dell'equilibrio sarebbe da imputare, nella maggior parte dei
casi alla disfunzione di tipo idromeccanico
esercitata dai liquidi del labirinto (idrope), come dimostra la possibile
presenza di alterazioni asintomatiche (a carico magari del solo apparato
uditivo) simili a quelle riscontrate nella malattia di Meniere e
soprattutto l'efficacia di terapie attive sui
liquidi dell'orecchio sia sul controllo dei sintomi che in termini
di reversibilità delle alterazioni.
Anche per altri disturbi, quali l'oscillopsia,
(sensazione di ambiente instabile, oscillante, camminando o correndo o
facendo movimenti con la testa), la chinetosi o mal
di trasporto (in realtà non una vera 'vertigine' ma un
insieme di fenomeni neurovegetativi che compaiono viaggiando su un mezzo
di trasporto - mal di mare, mal d'auto ecc..- o dopo un viaggio) e molte
vertigini che possono verificarsi durante o dopo immersione subacquea (vertigine del subacqueo) possono secondo noi
essere causate anch'esse da alterazioni funzionali dovute ad una
disfunzione idromeccanica e possono pertanto beneficiare di trattamenti
anti-idrope.
Il protocollo diagnostico e terapeutico del
Centro di Otorinolaringoiatria per vertigini ed equilibrio
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La corretta identificazione delle
cause di una vertigine richiede necessariamente l'integrazione dell'anamnesi con indagini
strumentali particolari volte ad analizzare la funzione di tutte
le strutture potenzialmente coinvolte. Le indagini più frequentemente
richieste, purtroppo ancora oggi, almeno a livello di medicina generale,
al paziente affetto da vertigine (la radiografia della colonna cervicale,
il doppler dei vasi del collo, la
TAC cerebrale), sono esami
inutili ed obsoleti, così come l'esame vestibolare con irrigazione
con siringa della sola acqua fredda in posizione seduta ed osservazione
diretta del medico attraverso gli occhiali illuminati, che oltre ad
essere poco tollerato per l'intensità della vertigine provocata, è del
tutto inaffidabile e scarsamente riproducibile. Anche la maggior parte
degli specialisti però, purtroppo, si limita ad eseguire indagini più
tradizionali del tutto insufficienti quali l'esame audiometrico o l'esame
vestibolare. I centri attrezzati per una reale valutazione diagnostica
strumentale sono, nel nostro Paese, davvero pochi. D'altronde anche
l'effettuazione di numerose indagini senza nessuna reale interpretazione
conclusiva, non ha alcun beneficio per il paziente stesso. A ciò va
aggiunto che, in assenza di sintomi uditivi specifici, raramente viene
indagato il settore uditivo del labirinto (coclea)
che, invece, in pazienti con vertigini o disturbi
dell'equlibrio presenta spesso alterazioni, magari asintomatiche.
Nella maggior parte dei casi, quindi, il
paziente, convinto di aver già effettuato tutto quanto possibile, giunge
alla nostra osservazione praticamente 'vergine' dal punto di
vista dello studio diagnostico.
Un corretto protocollo diagnostico per
questi disturbi deve invece sistematicamente
studiare dal punto di vista funzionale tutti i settori sia del labirinto
posteriore (equilibrio) che di quello anteriore (udito) inclusi i
nervi acustico e vestibolare, che dal labirinto portano le informazioni
uditive e vestibolari al cervello. L'assenza di idonea strumentazione
(pur riconoscendo che allestire un adeguato centro di audivestibologia
richiede attrezzature costose e personale specializato) non è secondo noi
una valida giustificazione per non eseguire un accertamento
funzionale completo. L'atteggiamento 'disfattista' di
molti specialisti circa le patologie dell'orecchio interno, d'altronde,
deriva spesso proprio dall'incapacità di eseguire una reale valutazione
funzionale di questa complessa struttura, ci cui disturbi sono spesso da attribuire più a disfunzioni reversibili che
non a danni permanenti.
Ma nemmeno le numerose (ed indispensabili) indagini oggi disponibili non
consentono di affermare se le alterazioni riscontrate sono reversibili o
meno. Poichè, a quanto oggi sappiamo, i recettori
del labirinto non sono suscettibili di rigenerazione dopo un danno,
ottenere la contemporanea reversibilità dei sintomi
e delle alterazioni funzionali precedentemente riscontrate ha,
necessariamente, anche un significato diagnostico. Se l'alterazione è
reversibile più che di danno si deve parlare di disfunzione. Se poi il
trattamento proposto ha come unico possibile bersaglio di azione i
liquidi del labirinto, la sua efficacia è la miglior conferma (peraltro
spesso già ben evidente con particolari esami dignostici specifici) del ruolo dei liquidi nello sviluppo della
disfunzione.
E' proprio l'efficacia della terapia, confermata peraltro dalle
alterazioni riscontrate con le indagini strumentali prima del trattamento
e dalla loro modifica dopo il trattamento stesso, che ci consente di
affermare che la maggior parte dei sintomi a carico
dell'orecchio interno (sia vertigini e disturbi dell'equilibrio che
problemi di udito, acufeni o senso di ovattamento / pressione) sono
causati in parte o in tutto da alterazioni dei liquidi e sono reversibili
con l'opportuno trattamento. A questo trattamento, da noi ideato,
allo stesso tempo un test diagnostico, abbiamo dato il nome di di test di riattivazione dell'orecchio interno o test di
reversibilità del labirinto (TRL). Il maggior
ruolo delle disfunzioni reversibili rispetto ai presunti danni permanenti
ci ha inevitabilmente, ancora più di prima e non solo per la malattia di
Meniere, convinto che è spesso possibile curare le
vertigini ed i disturbi dell'equilibrio ripristinando la corretta
funzione dell'organo colpito, anzichè distruggendola con interventi
chirurgici o trattamenti farmacologici ablativi (gentamicina) o riducendo
il ruolo funzionale del labirinto stesso nell'ambito del sistema
dell'equilibrio mediante trattamenti riabilitativi che mirano a
sostituirne la funzione.
Tutte queste considerazioni hanno portato
allo sviluppo, presso il nostro Centro di un complesso
protocollo diagnostico e terapeutico che può essere però effettuato tutto
a livello ambulatoriale senza alcuna necessità di lunghi ricoveri.
Tutti i pazienti (indipendentemente dalla
caratteristiche specifiche del disturbo riferito) vengono sottoposti ad
una batteria di accertamenti diagnostici audiovestibolari, la maggior
parte dei quali poco conosciuti e non praticati dalla maggior parte degli
specialisti, allo scopo di valutare ogni singolo
elemento dell'apparato vestibolare, dell'apparato uditivo ed in generale
del sistema dell'equilibrio. La visita per vertigini è ormai
divenuta, presso il nostro Centro, un vero e proprio day hospital della durata di diverse ore.
Lo
studio mirato della vertigine e dell'equilibrio (esame
vestibolare-otoneurologico) viene eseguito, nel nostro Centro, con
particolari attrezzature diagnostiche che hanno affiancato, o più spesso
soppiantato, metodi più tradizionali e hanno, soprattutto, aggiunto nuove
informazioni un tempo non disponibili. La videonistagmoscopia
binoculare e la videonistagmografia
bidimensionale e tridimensionale (con una particolare telecamera
oculare collegata ad un computer), che hanno da tempo soppiantato nel
nostro centro l'elettronistagmografia,
metodica meno affidabile e meno pratica, consentono una accurata
visualizzazione e registrazione grafica dei movimenti oculari (nistagmo) spontanei, od evocati da particolari
posizioni o manovre, tra cui il nistagmo indotto da
stimolo vibratorio, indagine praticamente ancora sconosciuta in
Italia. Il test calorico bitermico (eseguito
con calorimetro di precisione per evitare stimolazioni eccessive e
pertanto ben tollerato da tutti i pazienti) con l'analisi
computerizzata del nistagmo evocato dalla stimolazione calorica e
le prove rotatorie - pendolari, integrabili
con il Vestibular Autorotation Test,
consentono di eseguire uno studio funzionale dei canali semicircolari. La
stabilometria computerizzata eseguita con un
particolare dispositivo collegato al paziente di nuova concezione, ci
consente di studiare l'equilibrio statico in condizioni basali ed in
condizioni particolari e le alterazioni dell'equilibrio con l'analisi stabilometrica della marcia. La
disponibilità del sistema di videonistagmografia
tridimensionale (ancora poco conosciuta in Italia e disponibile
solo presso pochi centri specializzati), ci consente di studiare e
registrare anche le componenti rotatorie -
torsionali del nistagmo ed eventuali assimmetrie della ocular counter-rolling reaction, impossibili da
evidenziare con altre metodiche.
Quest'indagine,
insieme ai potenziali evocati vestibolari (VEMPs),
ripetuti in caso di assenza anche con stimolo per via ossea (Bone VEMPs) e allo studio
della verticale e della orizzontale visiva soggettiva, tuute
metodiche di diagnosi ancora poco diffuse, forniscono informazioni su
alcune aree del labirinto (utricolo e sacculo) normalmente non valutate dalla
diagnostica tradizionale. Altre indagini studiano i riflessi visuo-oculomotori (saccadici,
pursuit e nistagmo
otticocinetico).
Ulteriori
accertamenti vestibolari vengono poi proposti per situazioni specifiche.
La
corretta valutazione dell'apparato vestibolare richiederebbe che tutti
gli esami vengano eseguiti dopo aver sospeso da qualche giorno terapie
con farmaci antivertiginosi, che potrebbero modificare le risposte
funzionali, ma grazie all'integrazione dei vari test riusciamo oggi
generalmente comunque ad interpretare correttamente le risposte.
La valutazione funzionale del labirinto
non può prescindere dallo studio dell'apparato
uditivo sia per il frequente riscontro di alterazioni
spesso asintomatiche della porzione uditiva dell'orecchio interno
(stiamo parlando, in fin dei conti dello stesso organo), sia perchè è
frequente che alla vertigine o al disturbo dell'equilibrio si associno
(magari in futuro, se non ancora presenti) sintomi uditivi quali sordità, acufene, distorsione sonora, iperacusia,
ovavtamento o pressione nell'orecchio. Allo stesso modo,
d'altronde, anche in assenza di vertigini o disturbi dell'equilibrio,
ogni disturbo dell'apparato uditivo a carico dell'orecchio interno, viene
presso il nostro Centro indagato anche con tutti gli esami
'vestibolari' sopra citati, riscontrando spesso anche in questo
caso, alterazioni asintomatiche dell'altro settore del labirinto, ad ulteriore
conferma dell'unità anatomica, fisiologica e patologica di
quest'organo, del quale possiamo studiare molto più di quanto
generalmente non venga fatto nel corso di visite specialistiche più
tradizionali.
Un completo studio funzionale
dell'apparato uditivo non può peraltro certamente limitarsi al solo esame audiometrico, ovvero alla misurazione della
capacità uditiva che peraltro va esteso allo studio delle frequenze più
elevate di quelle studiabili con l'esame tradizionale, se questo fosse
del tutto nella norma (audiometria per frequenze
12-20 kHz). Con l'audiometria vocale
viene indagata la capacità di percepire correttamente le parole anzichè i
suoni e spesso le due distinte capacità uditive non sono congruenti. L'esame impedenzometrico eseguito da seduto, e se
possibile anche in inversione, per valutare gli effetti della pressione
endocranica (impedenzometria posizionale) ed
in particolare lo studio di riflessi stapediali, da noi integrato con un
esame di nostra personale ideazione (reflessometria
sopraliminare per la ricerca della riduzione paradossa del riflesso
stapediale, metodica rivelatasi estremamente affidabile per
identificare una disfunzione idromeccanica dell'orecchio interno da
ipertensione perilinfatica) mostrano spesso alterazioni specifiche anche
in pazienti con udito perfettamente normale.
Lo studio della
funzionalità tubarica, rivela frequentemente alterazioni, che in
associazione con l'idrope labirintico, spiegano la possibile presenza di
ovattamento o senso di pressione auricolare, frequente nei pazienti con
vertigini o disturbi dell'equilibrio, ma spesso non riferita in assenza
di domande specifiche. L'elettrococleografia
(da noi eseguita con tecnica peritimpanica non invasiva che ci consente
di eseguire questa indagine bilateralmente e di routine) è un esame poco
praticato in Italia, ma universalmente accettato quale affidabile test
per identificare l' idrope. Alterazioni elettrococleografiche, spesso
peraltro bilaterali, sono presenti nella maggior parte dei pazienti con
disturbi diversi da quelli della classica malattia di Meniere. Anche le otoemissioni acustiche evocate da transienti ed i prodotti di distorsione cocleari permettono di
identificare eventuali alterazioni dell'orecchio interno. Con
l'esperienza specifica siamo oggi adirittura in grado di riconoscere
alcune peculiari anomalie di questo accertamento tipiche dell'idrope,
come dimostra la loro normalizzazione dopo il trattamento specifico. I potenziali evocati uditivi, indagine fondamentale
per escludere un neurinoma del nervo acustico (tumore benigno che può
rivelarsi con vertigini o disturbi dell'equilibrio) o altre alterazioni
neurologiche (quando il paziente non abbia già eseguito una risonanza
magnetica), consentono di rivelare minime alterazioni funzionali (a
carico del nervo acustico o delle fibre nervose all'interno del
labirinto) non rivelabili nemmeno con la diagnostica per immagini. In
base all'esito degli esami potrà talora essere proposta una risonanza magnetica (RM) o una angio-RM, che all'occorrenza potrà essere
effettuata dal nostro consulente radiologo.
Utili
informazioni possono derivare anche dallo studio
del sistema nervoso autonomo neurovegetativo, ormai eseguito di
routine in tutti i nostri pazienti mediante analisi
della variabilità della frequenza cardiaca, che può rivelare
alterazioni specifiche nella regolazione dei liquidi labirintici.
Il nostro nuovo
protocollo diagnostico include ormai di routine, almeno per pazienti che
debbano essere sottoposti a trattamento, anche lo studio di interazioni
con l'apparato endocrino (ricerca di anticorpi
anti-tiroide, dosaggio della prolattina,
eventuale ecografia della tiroide), già
rivelatesi importanti e frequenti in nostre precedenti ricerche.
La collaborazione con specialisti di altre
discipline ci permette di non limitarci alla diagnosi ed al trattamento
delle vertigini da causa labirintica (pur se in assoluto le più
frequenti) ma di affrontare questi disturbi in senso globale, grazie alla
possibilità di integrare alla visita otorinolaringoiatrica
audiovestibolare, ove necessario eventuali consulenze
neurologiche - neurochirurgiche, oftalmologiche, fisiatriche,
psichiatriche, cardiologiche o gnatologiche (articolazione
temporo-mandibolare).
Nonostante spesso già questo attento
protocollo diagnostico, soprattutto se supportato dalla presenza di
elementi tipici nella storia clinica del paziente, ci consenta di
prevedere la presenza di alterazioni reversibili da idrope (disfunzione
idromeccanica), in realtà, come già detto, una vera
diagnosi in questo settore non può prescindere da un test di
reversibilità (o test di riattivazione) del labirinto,
corrispondente sostanzialmente all'analisi dei
risultati del trattamento. In caso di efficacia totale o anche
solo parziale, associata alla modifica delle alterazioni funzionali
precedentemente riscontrate, la responsabilità, in parte o in tutto dei
disturbi e delle alterazioni stsse potrà essere imputata alla disfunzione
idromeccanica anzichè (o non non solo) a danni permanenti a carico dei
recettori o ad altre cause. La nostra teoria sul ruolo
predominante della disfunzione idromeccanica esercitata dai liquidi sui
recettori (non solo sotto foma di impedimento alla normale
funzione ma anche di tipo eccitatorio) nella maggior parte delle sindromi
vertiginose (ed in generale dei disturbi dell'orecchio interno) deriva
proprio, oltre che dal riscontro di alterazioni specifiche, dall'efficacia del trattamento sia in termini di risoluzione
dei sintomi, che di regressione delle alterazioni strumentali,
nell'assoluta maggioranza dei pazienti seguiti con questo protocollo.
Il test di reversibilità da noi proposto,
che in pratica si compone di un trattamento in day
hospital preceduto e seguito da un trattamento
domiciliare, costituisce allo stesso tempo il primo approccio
terapeutico a queste patologie. In caso di successo solo parziale o non
persistente, vengono proposti ulteriori trattamenti specifici attivi
sull'idrope (ad esempio la ripetizione del trattamento associata a somministrazione intratimpanica di steroidi o il drenaggio transtimpanico), e solo in caso di
totale insuccesso (verosimilmente da imputare ad alterazioni davvero
irreversibili o ad altre cause, ma in generale il sintomo vertigine si è
fin'ora rivelato con questo approccio il più facile ed il più rapido da
trattare) il paziente sarà indirizzato verso altri
trattamenti farmacologici o riabilitativi.
Le basi fisiopatologiche della disfunzione
idromeccanica ed il razionale della terapia
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Il razionale del test-trattamento di
reversibilità (o di riattivazione labirintica) da noi ideato si basa su
quanto oggi sappiamo sui meccanismi che determinano la formazione
dell'idrope, ovvero di un eccesso di liquidi nel labirinto (orecchio
interno).
Un ruolo di primaria importanza sembra
essere svolto dall'ormone antidiuretico (ADH)
o vasopressina, un'ormone prodotto nell'ipotalamo e rilasciato in circolo
dalla ghiandola ipofisi. Compito principale dell'ADH è la conservazione
delle riserve idriche dell'organismo. Tale azione viene svolta
principalmente a livello del rene dove l'ADH determina il riassorbimento
della maggior parte del liquido in transito attraverso appositi canali
denominati aquaporine. Recettori per l'ADH e
aquaporine sono stati però già da qualche tempo identificati anche a
livello dell'orecchio interno ed il ruolo
dell'ormone nella regolazione dei liquidi dell'orecchio interno è
già stato confermato da numeorsi ricercatori.
La produzione di quest'ormone è
soprattutto stimolata dalla concentrazione dei
liquidi corporei e dallo stress.
Sulla produzione dell'ormone influsicono però in modo sensibile anche le
variazioni metereologiche, termiche e di pressione atmosferica, elementi
ben noti a molti pazienti con disturbi dell'eorcchio interno. Una
eventuale ipersensibilità dell'orecchio all'azione dell'ormone, od una
anomalia nell'espressione delle aquaporine potrebbe spiegare l'eccesso di
liquido che determina l'idrope.
Se davvero, come sembra ormai confermato,
l'azione dell'ADH, unita probabilmente ad una inadeguata capacità di
compensare e scaricare gli eccessi di liquido determinati nel labirinto
da quest'ormone è alla base della formazione e dell'eventuale persistenza
dell'idrope, un trattamento che inibisca il rilascio dell'ormone stesso
dovrebbe essere efficace quale cura della vertigine e degli altri sintomi
da disfunzione idromeccanica. Purtroppo terapie farmacologiche con antagonisti recettoriali di quest'ormone (sostanze
che legandosi ai recettori dell'ADH nell'orecchio interno impediscano di
fatto la sua azione a livello delle aquaporine) non sono ancora
disponibili (ma sono oggetto di una intensa attività di ricerca,
soprattutto da parte di ricercatori giapponesi che ne hanno già
sperimentato l'efficacia in laboratorio e recentemente, ma per patologie
cardiache, anche sugli umani - tolvaptan, conivaptan sono i nomi
di questi farmaci per chi volesse fare delle ricerche).
Il più efficace antagonista non
farmacologico dell'ormone antidiuretico ce l'abbiamo però già: l'acqua. Abbiamo già detto, infatti, come la
concentrazione di liquidi corporei rappresenti uno stimolo al rilascio
dell'ormone. Un basso livello di osmolarità plasmatica (ovvero la
diluizione) costitituisce infatti un importante mecanismo inibitorio.
Cardine del nostro trattamento per la malattia di Meniere, ideato anni fa
per questa patologia, e quindi successivamente esteso alla cura delle
altre patologie dell'orecchio interno è infatti un particolare trattamento dietologico iperidrico da abbinare ad
un particolare regime alimentare. Già da diversi anni, anche solo con
tale metodo riuscivamo a prevenire, nella maggior parte dei pazienti, la
ricorrenza delle vertigini e dei disturbi uditivi fluttuanti dell'idrope,
dovendo ricorrere solo in casi più difficili ad ulteriori trattamenti
farmacologici.
Quando dalla semplice prevenzione delle
ricorrenze ed al trattamento di disturbi fluttuanti abbiamo allargato il
nostro obbiettivo alla risoluzione di disturbi perfino stazionari (magari
da anni) e a quadri clinici diversi dalla classica malattia di Meniere
abbiamo dovuto ideare un trattamento ancora più efficace.
La nostra attuale terapia
di attacco alla disfunzione idromeccanica dell'orecchio interno (e
quindi lo stesso test di reversibilità) si basa infatti su tre elementi
fondamentali tutti miranti a contrastare il rilascio e l'azione
dell'ormone antidiuretico: il mannitolo (un
diuretico osmotico, che rende disponibile l'acqua immagazzinata dai
tessuti), i derivati del cortisone (che
hanno una azione di antagonisti, in presenza di un carico idrico, sul
rilascio dell'ormone antidiuretico e sembrerebbero avere anche la
capacità di modificare le aquaporine), ma sopratutto il carico idrico, prima e durante la somministrazione
del trattamento, senza il quale la terapia stessa è molto meno (o per
nulla) efficace. Per essere efficace la terapia d'attacco deve però
prevedere alcune rigorose metodiche di somministrazione e tempi di
trattamento, che non consentono, per ora, di prospettare di eseguirla
solo a livello domiciliare. E' altresì indispensabile che la terapia in
day hospital venga proseguita a domicilio con il trattamento dietologico
iperidrico (che nel nostro attuale protocollo viene avviato ancor prima
delle somministrazioni endovenose) e che vengano rispettati i tempi
previsti per il controllo di efficacia. Nella recente modifica del nostro
protocollo, abbiamo anche introdotto quale terapia di supporto farmaci
attivi sul sistema nervoso neurovegetativo (clonazepam
+ levosulpiride) che potrebbero, in associazione alle ulteriori
modifiche previste (monitoraggio del trattamento dietologico, doppia
somministrazione endovenosa) aumentare ancora di più le possibilità
offerte dal trattamento, vista la loro elevata efficacia già dimostrata
soprattutto nel controllo delle vertigini 'soggettive' con
senso di disequilibrio continuo.
Recentemente abbiamo iniziato a dare
paticolare importanza anche a possibili intolleranze
alimentari, identificabili mediante esame cito-tossico, per
proporre un trattamento dietologico mirato.
Ricerca clinica per vertigini e disequilibrio
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L'attività di ricerca clinica del
Centro è attualmente rivolta soprattutto allo studio della disfunzione idromeccanica dell'orecchio interno e
delle vertigini soggettive e dei disturbi dell'equilibrio da disfunzione otolitica maculare,
all'identificazione di nuove possibili indagini
diagnostiche, alle correlazioni tra apparato
endocrino-ormonale e regolazione dei liquidi dell'orecchio, al ruolo del sistema neurovegetativo (sistema nervoso
autonomo) nelle sindromi vertiginose, all'associazione tra vertigine e disturbo di panico,
all'identificazione e comprensione dei fattori che determinano la
prevalenza dei vari sintomi uditivi e vestibolari e le diverse evoluzioni della disfunzione idromeccanica,
nonostante una base fisiopatologica comune.
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Letteratura scientifica su vertigini ed
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