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Novità e progressi nella diagnosi e nella terapia delle vertigini e dei disturbi dell'equilibrio

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Novità e progressi nella diagnosi e nella terapia
delle vertigini e dei disturbi dell'equilibrio



a cura del Dr. Andrea La Torre
specialista in Otorinolaringoiatria

Attenzione: il documento è aggiornato a Gennaio 2005. I nostri protocolli sono in parte variati.
Provvederemo all'aggiornamento non appena possibile.

Con il termine 'vertigine' intendiamo in medicina un disturbo caratterizzato dalla 'falsa sensazione di movimento dell'ambiente circostante rispetto al proprio corpo (vertigine oggettiva) o del proprio corpo rispetto all'ambiente (vertigine soggettiva)'. La vertigine va quindi ben distinta dalla vera e propria instabilità nella quale esistono effettivi problemi a mantenere l'equilibrio in posizione eretta o durante la marcia, così come da disturbi più vaghi come senso di confusione o di pesantezza del capo o altri disturbi simili.
La diagnosi delle vertigini si avvale oggi di indagini strumentali e metodiche divenute imprescindibili per la corretta valutazione del labirinto (orecchio interno), organo più importante del sistema dell'equilibrio. Tutte le indagini necessarie possono peraltro essere eseguite in un'unica seduta ambulatoriale senza alcuna necessità di inutili ricoveri. E' indispensabile però che le indagini vestibolari siano sempre completate anche con una completa valutazione funzionale del settore uditivo del labirinto, pur in assenza di sintomi specifici.

Recenti ricerche efettuate nel nostro Centro ci hanno consentito di proporre, per tutte le sindromi vertiginose ed i disturbi dell'equilibrio, un protocollo iniziale di diagnosi e terapia comune, nell'ipotesi che nella maggior parte dei casi i disturbi siano dovuti, in parte o in tutto, ad una disfunzione idromeccanica reversibile dell'orecchio interno.
La disfunzione del labirinto sarebbe causata in tal caso da un eccesso di liquidi labirintici (idrope), anche per quadri clinici ben differenti dalla classica malattia di Meniere, unica sindrome vertiginosa per la quale sia tradizionalmente accettata la responsabilità di tale meccanismo. Oltre ad offrirci una nuova soluzione terapeutica alternativa a quella tradizionali, questa impostazione ed il successo di terapie anti-idrope anche su pazienti con vertigine posizionale parossistica benigna (cupololitiasi, canalolitiasi), o con disequilibrio soggettivo ci spinge necessariamente a mettere in discussione molti concetti sulle cause delle vertigini ritenuti inossidabili dalla maggior parte degli specialisti.
Lo stesso identico approccio si è rivelato efficace anche nel controllo di acufeni (rumore nell'orecchio), senso di ovattamento o pressione auricolare e ipoacusia neurosensoriale (riduzione di udito) anche se apparentemente irreversibile, tutti sintomi che possono eventualmente associarsi nello stesso paziente a vertigini o disturbi dell'equilibrio. Le disfunzione idromeccanica reversibile dei liquidi dell'orecchio interno sembrerebbe essere quindi la causa più frequente di tutti questi disturbi. Poiché per questo meccanismo patologico esistono cure specifiche, queste considerazioni aprono nuove possibilità nella terapia delle patologie del labirinto, fin'ora affidate a tratamenti sintomatici, riabilitativi o di distruzione chimica o chirurgica della funzione dell'organo malato.

Il labirinto ed il sistema dell'equilibrio

Il sistema dell’equilibrio è un complesso apparato deputato alla regolazione della postura, allo scopo di mantenere la stazione eretta sia in condizioni statiche che durante il movimento, e delle relazioni tra i movimenti del capo e la posizione gli occhi, per consentire la messa a fuoco dell’ambiente circostante anche durante il movimento.
In sintesi, il sistema dell’equilibrio integra a livello cerebrale le informazioni relative alla posizione della testa e del corpo in relazione all’ambiente circostante provenienti dai due labirinti (parte dell'orecchio, che quindi oltre alla funzione uditiva partecipa anche alla regolazione dell'equilibrio), dalla vista, e dai recettori dei muscoli e delle articolazioni (sistema propriocettivo), per generare una risposta utile attraverso la muscolatura del tronco e degli arti ed il movimento coniugato degli occhi. Ulteriori informazioni supplementari derivano dall’udito, dalla pianta dei piedi e perfino dall’apparato stomatognatico (denti, articolazione mandibolare).
In condizioni fisiologiche questa fine regolazione dell’equilibrio e dei movimenti degli occhi avviene al di sotto del livello di coscienza, in modo automatico, senza cioè che sia presente una partecipazione attiva volontaria e senza che ce ne rendiamo conto.
Nell’ambito del sistema dell’equilibrio, costituito da diversi recettori periferici, nervi che trasportano le informazioni dal cervello alla periferia, e centri e vie a livello del sistema nervoso centrale, viene indicato come 'apparato vestibolare' l’insieme dei recettori del labirinto, del nervo vestibolare, dei nuclei vestibolari nel tronco dell’encefalo. Per estensione il termine 'vestibologia' viene usato per indicare quella branca dell’otorinolaringoiatria che si interessa della diagnosi e della terapia della vertigine e dei disturbi dell’equilibrio in senso lato. Diffuso, per indicare questa branca della medicina è anche il termine “otoneurologia” che meglio sottolinea l’integrazione combinata tra orecchio interno e cervello.
E’ bene però precisare che, a dispetto da quanto può apparire da alcuni siti Internet, non esiste una specializzazione in Vestibologia, né tanto meno in Otoneurologia e che i “vestibologi” e gli “otoneurologi” altro non sono che specialisti otorinolaringoiatri, con lo stesso identico titolo di quelli che operano le tonsille o il naso, ma che si interessano in modo peculiare di questi disturbi.

Per svolgere la sua funzione il labirinto di ciascun orecchio interno possiede alcuni recettori specializzati, le cupole dei canali semicircolari, sensibili soprattutto ai movimenti rotatori, e le macule del sacculo e dell'utricolo, che rispondono ai movimenti lineari del capo ed alle variazioni di posizione. Tutti questi recettori sono contenuti all'interno del labirinto membranoso, a sua volta racchiuso nel labirinto osseo. All'interno del labirinto membranoso circola un liquido, l'endolinfa, mentre tra la parete membranosa e quella ossea circola un altro liqudo di composizione differente, la perilinfa. Una analoga suddivisione, con continuità tra i due settori funzionali dell'orecchio interno, si ritrova nella coclea, ovvvero l'area del labirinto deputata alla funzione uditiva. Proprio ad un eccesso di questi liquidi (soprattutto dell'endolinfa, a diretto contatto con i recettori, ma anche talvolta della perilinfa), riteniamo, alla luce delle nostre recenti ricerche, di poter attribuire, in parte o in tutto, la maggior parte dei disturbi dell'orecchio interno (disfunzione idromeccanica dell'orecchio interno) incluse le vertigini ed i disturbi dell'equilibrio.

L'eccitazione o l'inibizione di questi recettori, in occasione di movimenti del capo o a causa di una loro disfunzione, genera movimenti oculari riflessi (nistagmo, riflesso vestibolo-oculomotore) e variazioni del tono muscolare degli arti e del tronco (riflesso vestibolo-spinale). La vertigine di origine labirintica è l'espressione di una risposta del recettore inadeguata rispetto al movimento, o in assenza di alcun movimento, mentre il disturbo dell'equilibrio, quando correlato ad una patologia del labirinto, deriva dall'incapacità dei recettori di informare in modo corretto circa lo stato gravitazionale del nostro corpo. Lo studio funzionale del labirinto viene prevalentemente effettuato, infatti, analizzando le due funzioni, ovvero i movimenti degli occhi e l'equilibrio.

Sindomi vertiginose e disturbi dell'equilibrio

Generalmente le diverse sindromi vertiginose vengono descritte e classificate sulla base delle caratteristiche e dell'evoluzione dei disturbi riferiti dal paziente, ritenendo addirittura di poter attribuire, senza nemmeno eseguire una valutazione adeguata dell'organo che si ritiene alterato, particolari tipi di vertigine ad una determinata causa. In realtà, l'ipotesi di un meccanismo comune (la disfunzione idromeccanica dell'orecchio interno) alla base di quasi tutte le sindromi vertiginose ed i disturbi dell'equilibrio (pur se con diverse modalità di comparsa, evoluzione e sintomi associati), rende meno significativa e meno rigida la distinzione tra i diversi quadri clinici.
Riteniamo comunque utile mantenere ai fini didattici, più che pratici, la tradizionale suddivisione tra vertigini episodiche non ricorrenti, vertigini ricorrenti e vertigine soggettiva continua.

Le sindromi vertiginose acute episodiche non ricorrenti sono caratterizzate da un unico episodio vertiginoso molto intenso, in cui la vertigine rotatoria può durare per diverse ore o anche per qualche giorno, attenuandosi progressivamente, accompagnata da intensi sintomi neurovegetativi (nausea, vomito, sudorazione, pallore) e da marcata instabilità con tendenza a cadere verso il lato leso. Alla vertigine possono associarsi sordità improvvisa monolaterale ed acufeni (rumore nell'orecchio). Sebbene la vertigine tenda a scomparire in pochi giorni (o anche più rapidamente) il disturbo dell'equilibrio può persistere più a lungo. Il sistema dell'equilibrio tende però ad adattarsi, in un tempo più o meno lungo, alla nuova situazione, sviluppando un 'compenso vestibolare' che permette al paziente di di recuperare l'equilibrio pur in presenza di un labirinto irreparabilmente danneggiato. Quando il compenso non si sviluppi in modo adeguato può essere necessario aiutarlo mediante la riabilitazione vestibolare.
Erroneamente tutte queste sindromi labirintiche acute, che riconoscono una causa infettiva, circolatoria o traumatica, vengono indicate con il termine di 'labirintite', ma spesso la lesione non avviene a livello del labirinto stesso bensì delle fibre nervo vestibolare (nevrite o neuronite vestibolare). Probabimente oggi questi quadri di vertigine prolungata di lunga durata con alterazioni irreversibili del labirinto sono molto più rari di quanto non si creda e non è da escludere che in realtà molte 'labirintiti' o 'nevriti vestibolari' corrispondano in realtà ad un primo episodio di malattia di Meniere (vedi più avanti), non sempre facilmente identificabile in occasione di una prima crisi e che la durata della crisi stessa sia spesso sopravvalutata. Lo stesso miglioramento dei disturbi del paziente (spontaneo o con la riabilitazione) potrebbe in realtà essere spesso dovuto più ad un reale recupero della funzione transitoriamente persa del labirinto che non al presunto compenso vestibolare, ma ben raramente viene riproposta al paziente una nuova valutazione funzionale (se mai precedentemente eseguita) per comprendere le causa del miglioramento.

Nella maggior parte dei casi, peraltro, le crisi vertiginose sono di breve o media durata (secondi, minuti, al masimo qualche ora) pur potendo recidivare a distanza di tempo variabile configurando il quadro di una sindrome vertiginosa a crisi ricorrenti.
Le due più frequenti forme appartenenti a questo gruppo (crisi vertiginose ricorrenti) sono la malattia di Meniere e la vertigine posizionale parossistica benigna (conosciuta anche come 'cupololitiasi' o 'canalolitiasi').

La malattia o sindrome di Ménière (dal nome del medico francese Prospero Ménière, che per primo comprese la responsabilità dell'orecchio nelle vertigini, oltre 150 anni fa), è una patologia dell'orecchio interno caratterizzata da fluttuazioni della capacità uditiva (che portano con il tempo, in assenza di trattamento, ad ipoacusia progressiva ed irreversibile nell'orecchio colpito), acufeni (rumore nell'orecchio), senso di orecchio chiuso o pressione nell'orecchio, (un segno tipico che già da solo dovrebbe far sospettare questa diagnosi) e crisi vertiginose tipiche recidivanti, generalmente di tipo rotatorio, con andamento capriccioso ed imprevedibile, di durata variabile da circa 20 minuti a diverse ore, precedute da un aumento dei disturbi uditivi e accompagnate da intensi sintomi neurovegetativi (nausea, vomito, sudorazione, variazione della frequenza cardiaca e della pressione arterisoa). Alla base di tale sintomatologia vi è (e questo è accettato da tutti) l'abnorme aumento di volume e pressione dei liquidi labirintici (idrope endolinfatico) per varie cause che possono differire di caso in caso.
Questa definizione della malattia di Meniere, alla quale abbiamo dedicato, per la sua particolarità, un apposito documento specifico in questo sito, è, a nostro giudizio, eccessivamente rigorosa. In realtà lo stesso meccanismo (l'idrope) o ) può manifestarsi con sintomi ed evoluzioni estremamente variabili, da quadri con vertigini senza sintomi uditivi a disturbi fluttuanti (o anche stazionari) dell'udito, senza che siano mai comparse vertigini, a quadri con vertigini atipiche di breve durata scatenate dal movimento o solo con vaghi disturbi soggettivi dell'equilibrio o addirittura solo con ovattamento o pressione auricolare e perfino solo con acufeni. Anche l'irreversibilità progressiva dell'ipoacusia non è sempre tale, come dimostrato dalla possibilità in molti pazienti di recuperare l'udito già perso, con l'opportuno trattamento, anche a distanza di anni. Per convenzione (scelta che decisamente non approviamo) però, la definizione di 'malattia di Meniere' viene riservata solo alle forme tipiche, lasciando purtroppo molti pazienti senza una vera diagnosi, per poi comprendere la vera natura della patologia (ed instaurare quindi una cura adeguata) solo quando magari compaiono altri sintomi prima non presenti. In assenza di questa rigida convenzione, che rispettiamo solo per non generare ulteriore confusione, potremmo affermare che quasi tutte le sidromi vertiginose ed i disturbi dell'equilibrio sono sostanzialmente dovute alla malattia di Meniere, ben più frequente quindi di quanto si sospetti. Preferiamo utilizzare per le forme atipiche, che pur avendo secondo noi identico meccanismo sottostante, si manifestano in modo non classico, la nuova definizione da noi coniata di 'disfunzione idromeccanica reversibile dell'orecchio interno', che ha il vantaggio di spiegare come il disturbo derivi più dall'azione meccanica (reversibile) dei liquidi in eccesso che non da un deficit irreversibile del recettore.

La 'vertigine parossistica posizionale benigna' si manifesta, invece, con crisi di vertigine rotatoria ricorrenti di durata limitatissima, parossistica (da qualche secondo ad un minuto o poco più), che si verificano prevalentemente compiendo particolari spostamenti del capo o nell'assumere particolari posizioni. Nella forme più tipiche, la vertigine compare al momento di coricarsi a letto, nell'alzarsi o nel girarsi sul fianco. Per molti anni si è ritenuto che tali situazioni potessero derivare dall'artrosi cervicale (forse in assoluto la causa meno probabile di vertigine, ma ancora oggi molti medici sembrano crederci), mentre oggi sappiamo che la sede della patologia è il labirinto posteriore, ovvero la parte dell'orecchio interno che appartiene dal punto di vista funzionale al complesso sistema dell'equilibrio. L'esatto meccanismo fisiopatologico che è alla base di questa situazione clinica non è ancora del tutto noto, ma la teoria più accreditata è quella della 'cupololitiasi' o 'canalolitiasi', formulata già da diversi anni, secondo la quale la vertigine sarebbe secondaria al distacco di otoliti (concrezioni minerali presenti sui recettori del sacculo e dell'utricolo), che ecciterebbe i recettori dei canali semicircolari in occasione del movimento.
Questa teoria ufficiale, ormai universalmente accettata praticamente da tutti gli specialisti, è stata da noi recentemente messa in dubbio in base al riscontro di molte analogie tra questa sindrome e la malattia di Meniere (presenza di acufeni ed ovattamento anche in pazienti con vertigini posizionali, alterazioni agli accertamenti strumentali audiologici e vestibolari simili, andamento fluttuante con remissioni e riacutizzazioni spontanee, frequente abbinamento dei due tipi di vertigine nello stesso paziente, fattori scatenanti simili ecc).
La dimostrazione che anche le vertigini posizionali benigne posono essere trattate con terapie attive sull'idrope ci ha definitivamente confermato che, quanto meno, la sola teoria del 'sassolino vagante nell'orecchio' non basta a spiegare questa patologia e che anche questo tipo di vertigini, delle quali credevamo di sapere quasi tutto, sono nella maggior parte dei casi (se non sempre) espressione di una disfunzione idromeccanica dell'orecchio interno, come per la malattia di Meniere o per altre sindromi vertiginose per le quali tale ipotesi non è mai stata presa in considerazione.

Un terzo gruppo (molto frequente) è caratterizzato da un sensazione di disequilibrio soggettivo più o meno continuo, descritto come sensazione di camminare su una superficie molle o di essere 'in barca', con fluttuazioni nell'intensità del disturbo, senza vere e proprie crisi di vertigine rotatoria, ma spesso vissuto dal paziente in modo estremamente invalidante. Tali situazioni sono spesso, da altri specialisti, attribuite a problematiche posturali od alterazioni delle informazioni derivanti dai propriocettori muscolari e articolari o a problematiche connesse all'articolazione temporo-mandibolare, a patologie neurologiche ('vertigini centrali') o infine a cause esclusivamente psicogene (vertigine fobica posturale). Il ruolo del labirinto (orecchio) quale sede di origine di questi disturbi non viene generalmente riconosciuto perché nella maggior parte di casi ci si limita a studiarne l'integrità funzionale solo con test tradizionali del tutto insufficienti a rivelarne alterazioni (ad esempio l'irrigazione dell'orecchio con acqua fredda), peraltro con metodiche non affidabili.
Solo in tempi più recenti si è iniziato a dare sempre maggior importanza, quale causa di disequilibrio soggettivo ad alterazioni, anche minime, di alcuni particolari recettori del labirinto (le macule dell'utricolo e del sacculo) che è possibile però studiare solo con accertamenti particolari praticamente sconosciuti dalla maggior parte degli specialisti.
Avendo modo, presso il nostro Centro di eseguire sistematicamente uno studio funzionale anche di questi settori più trascurati del labirinto, la nostra attuale opinione è che questi disturbi siano da attribuire più a disfunzioni di questi recettori che non al sistema propriocettivo (muscoli, articolazioni, ATM) e che rispetto al fondamentale ruolo svolto dal labirinto nel controllo dell'equilibrio, il sistema propriocettivo sia solo una riserva, incapace, in presenza di un labirinto perfettamente funzionante, di creare disturbi rilevanti.
I fattori psicoemotivi devono però essere sempre tenuti in considerazione nel valutare correttamente i pazienti con disequilibrio soggettivo, e più in generale tutte le sindromi vertiginose, poichè spesso ad alterazioni evidenti corrisponde un disturbo soggettivo minimo o assente, mentre disfunzioni appena percepibili (che però si riscontrano ad un attento esame funzionale di tutto l'orecchio interno, in molti pazienti), possono risultare per il paziente stesso estremamente invalidanti.
Anche in questo caso la causa del cattivo funzionamento di questi recettori dell'equilibrio sarebbe da imputare, nella maggior parte dei casi alla disfunzione di tipo idromeccanico esercitata dai liquidi del labirinto (idrope), come dimostra la possibile presenza di alterazioni asintomatiche (a carico magari del solo apparato uditivo) simili a quelle riscontrate nella malattia di Meniere e soprattutto l'efficacia di terapie attive sui liquidi dell'orecchio sia sul controllo dei sintomi che in termini di reversibilità delle alterazioni.

Anche per altri disturbi, quali l'oscillopsia, (sensazione di ambiente instabile, oscillante, camminando o correndo o facendo movimenti con la testa), la chinetosi o mal di trasporto (in realtà non una vera 'vertigine' ma un insieme di fenomeni neurovegetativi che compaiono viaggiando su un mezzo di trasporto - mal di mare, mal d'auto ecc..- o dopo un viaggio) e molte vertigini che possono verificarsi durante o dopo immersione subacquea (vertigine del subacqueo) possono secondo noi essere causate anch'esse da alterazioni funzionali dovute ad una disfunzione idromeccanica e possono pertanto beneficiare di trattamenti anti-idrope.

Il protocollo diagnostico e terapeutico del Centro di Otorinolaringoiatria per vertigini ed equilibrio

La corretta identificazione delle cause di una vertigine richiede necessariamente l'integrazione dell'anamnesi con indagini strumentali particolari volte ad analizzare la funzione di tutte le strutture potenzialmente coinvolte. Le indagini più frequentemente richieste, purtroppo ancora oggi, almeno a livello di medicina generale, al paziente affetto da vertigine (la radiografia della colonna cervicale, il doppler dei vasi del collo, la TAC cerebrale), sono esami inutili ed obsoleti, così come l'esame vestibolare con irrigazione con siringa della sola acqua fredda in posizione seduta ed osservazione diretta del medico attraverso gli occhiali illuminati, che oltre ad essere poco tollerato per l'intensità della vertigine provocata, è del tutto inaffidabile e scarsamente riproducibile. Anche la maggior parte degli specialisti però, purtroppo, si limita ad eseguire indagini più tradizionali del tutto insufficienti quali l'esame audiometrico o l'esame vestibolare. I centri attrezzati per una reale valutazione diagnostica strumentale sono, nel nostro Paese, davvero pochi. D'altronde anche l'effettuazione di numerose indagini senza nessuna reale interpretazione conclusiva, non ha alcun beneficio per il paziente stesso. A ciò va aggiunto che, in assenza di sintomi uditivi specifici, raramente viene indagato il settore uditivo del labirinto (coclea) che, invece, in pazienti con vertigini o disturbi dell'equlibrio presenta spesso alterazioni, magari asintomatiche.

Nella maggior parte dei casi, quindi, il paziente, convinto di aver già effettuato tutto quanto possibile, giunge alla nostra osservazione praticamente 'vergine' dal punto di vista dello studio diagnostico.

Un corretto protocollo diagnostico per questi disturbi deve invece sistematicamente studiare dal punto di vista funzionale tutti i settori sia del labirinto posteriore (equilibrio) che di quello anteriore (udito) inclusi i nervi acustico e vestibolare, che dal labirinto portano le informazioni uditive e vestibolari al cervello. L'assenza di idonea strumentazione (pur riconoscendo che allestire un adeguato centro di audivestibologia richiede attrezzature costose e personale specializato) non è secondo noi una valida giustificazione per non eseguire un accertamento funzionale completo. L'atteggiamento 'disfattista' di molti specialisti circa le patologie dell'orecchio interno, d'altronde, deriva spesso proprio dall'incapacità di eseguire una reale valutazione funzionale di questa complessa struttura, ci cui disturbi sono spesso da attribuire più a disfunzioni reversibili che non a danni permanenti.
Ma nemmeno le numerose (ed indispensabili) indagini oggi disponibili non consentono di affermare se le alterazioni riscontrate sono reversibili o meno. Poichè, a quanto oggi sappiamo, i recettori del labirinto non sono suscettibili di rigenerazione dopo un danno, ottenere la contemporanea reversibilità dei sintomi e delle alterazioni funzionali precedentemente riscontrate ha, necessariamente, anche un significato diagnostico. Se l'alterazione è reversibile più che di danno si deve parlare di disfunzione. Se poi il trattamento proposto ha come unico possibile bersaglio di azione i liquidi del labirinto, la sua efficacia è la miglior conferma (peraltro spesso già ben evidente con particolari esami dignostici specifici) del ruolo dei liquidi nello sviluppo della disfunzione.
E' proprio l'efficacia della terapia, confermata peraltro dalle alterazioni riscontrate con le indagini strumentali prima del trattamento e dalla loro modifica dopo il trattamento stesso, che ci consente di affermare che la maggior parte dei sintomi a carico dell'orecchio interno (sia vertigini e disturbi dell'equilibrio che problemi di udito, acufeni o senso di ovattamento / pressione) sono causati in parte o in tutto da alterazioni dei liquidi e sono reversibili con l'opportuno trattamento. A questo trattamento, da noi ideato, allo stesso tempo un test diagnostico, abbiamo dato il nome di di test di riattivazione dell'orecchio interno o test di reversibilità del labirinto (TRL). Il maggior ruolo delle disfunzioni reversibili rispetto ai presunti danni permanenti ci ha inevitabilmente, ancora più di prima e non solo per la malattia di Meniere, convinto che è spesso possibile curare le vertigini ed i disturbi dell'equilibrio ripristinando la corretta funzione dell'organo colpito, anzichè distruggendola con interventi chirurgici o trattamenti farmacologici ablativi (gentamicina) o riducendo il ruolo funzionale del labirinto stesso nell'ambito del sistema dell'equilibrio mediante trattamenti riabilitativi che mirano a sostituirne la funzione.

Tutte queste considerazioni hanno portato allo sviluppo, presso il nostro Centro di un complesso protocollo diagnostico e terapeutico che può essere però effettuato tutto a livello ambulatoriale senza alcuna necessità di lunghi ricoveri.

Tutti i pazienti (indipendentemente dalla caratteristiche specifiche del disturbo riferito) vengono sottoposti ad una batteria di accertamenti diagnostici audiovestibolari, la maggior parte dei quali poco conosciuti e non praticati dalla maggior parte degli specialisti, allo scopo di valutare ogni singolo elemento dell'apparato vestibolare, dell'apparato uditivo ed in generale del sistema dell'equilibrio. La visita per vertigini è ormai divenuta, presso il nostro Centro, un vero e proprio day hospital della durata di diverse ore.

Lo studio mirato della vertigine e dell'equilibrio (esame vestibolare-otoneurologico) viene eseguito, nel nostro Centro, con particolari attrezzature diagnostiche che hanno affiancato, o più spesso soppiantato, metodi più tradizionali e hanno, soprattutto, aggiunto nuove informazioni un tempo non disponibili. La videonistagmoscopia binoculare e la videonistagmografia bidimensionale e tridimensionale (con una particolare telecamera oculare collegata ad un computer), che hanno da tempo soppiantato nel nostro centro l'elettronistagmografia, metodica meno affidabile e meno pratica, consentono una accurata visualizzazione e registrazione grafica dei movimenti oculari (nistagmo) spontanei, od evocati da particolari posizioni o manovre, tra cui il nistagmo indotto da stimolo vibratorio, indagine praticamente ancora sconosciuta in Italia. Il test calorico bitermico (eseguito con calorimetro di precisione per evitare stimolazioni eccessive e pertanto ben tollerato da tutti i pazienti) con l'analisi computerizzata del nistagmo evocato dalla stimolazione calorica e le prove rotatorie - pendolari, integrabili con il Vestibular Autorotation Test, consentono di eseguire uno studio funzionale dei canali semicircolari. La stabilometria computerizzata eseguita con un particolare dispositivo collegato al paziente di nuova concezione, ci consente di studiare l'equilibrio statico in condizioni basali ed in condizioni particolari e le alterazioni dell'equilibrio con l'analisi stabilometrica della marcia. La disponibilità del sistema di videonistagmografia tridimensionale (ancora poco conosciuta in Italia e disponibile solo presso pochi centri specializzati), ci consente di studiare e registrare anche le componenti rotatorie - torsionali del nistagmo ed eventuali assimmetrie della ocular counter-rolling reaction, impossibili da evidenziare con altre metodiche.

Quest'indagine, insieme ai potenziali evocati vestibolari (VEMPs), ripetuti in caso di assenza anche con stimolo per via ossea (Bone VEMPs) e allo studio della verticale e della orizzontale visiva soggettiva, tuute metodiche di diagnosi ancora poco diffuse, forniscono informazioni su alcune aree del labirinto (utricolo e sacculo) normalmente non valutate dalla diagnostica tradizionale. Altre indagini studiano i riflessi visuo-oculomotori (saccadici, pursuit e nistagmo otticocinetico).

Ulteriori accertamenti vestibolari vengono poi proposti per situazioni specifiche.

La corretta valutazione dell'apparato vestibolare richiederebbe che tutti gli esami vengano eseguiti dopo aver sospeso da qualche giorno terapie con farmaci antivertiginosi, che potrebbero modificare le risposte funzionali, ma grazie all'integrazione dei vari test riusciamo oggi generalmente comunque ad interpretare correttamente le risposte.

La valutazione funzionale del labirinto non può prescindere dallo studio dell'apparato uditivo sia per il frequente riscontro di alterazioni spesso asintomatiche della porzione uditiva dell'orecchio interno (stiamo parlando, in fin dei conti dello stesso organo), sia perchè è frequente che alla vertigine o al disturbo dell'equilibrio si associno (magari in futuro, se non ancora presenti) sintomi uditivi quali sordità, acufene, distorsione sonora, iperacusia, ovavtamento o pressione nell'orecchio. Allo stesso modo, d'altronde, anche in assenza di vertigini o disturbi dell'equilibrio, ogni disturbo dell'apparato uditivo a carico dell'orecchio interno, viene presso il nostro Centro indagato anche con tutti gli esami 'vestibolari' sopra citati, riscontrando spesso anche in questo caso, alterazioni asintomatiche dell'altro settore del labirinto, ad ulteriore conferma dell'unità anatomica, fisiologica e patologica di quest'organo, del quale possiamo studiare molto più di quanto generalmente non venga fatto nel corso di visite specialistiche più tradizionali.

Un completo studio funzionale dell'apparato uditivo non può peraltro certamente limitarsi al solo esame audiometrico, ovvero alla misurazione della capacità uditiva che peraltro va esteso allo studio delle frequenze più elevate di quelle studiabili con l'esame tradizionale, se questo fosse del tutto nella norma (audiometria per frequenze 12-20 kHz). Con l'audiometria vocale viene indagata la capacità di percepire correttamente le parole anzichè i suoni e spesso le due distinte capacità uditive non sono congruenti. L'esame impedenzometrico eseguito da seduto, e se possibile anche in inversione, per valutare gli effetti della pressione endocranica (impedenzometria posizionale) ed in particolare lo studio di riflessi stapediali, da noi integrato con un esame di nostra personale ideazione (reflessometria sopraliminare per la ricerca della riduzione paradossa del riflesso stapediale, metodica rivelatasi estremamente affidabile per identificare una disfunzione idromeccanica dell'orecchio interno da ipertensione perilinfatica) mostrano spesso alterazioni specifiche anche in pazienti con udito perfettamente normale.

Lo studio della funzionalità tubarica, rivela frequentemente alterazioni, che in associazione con l'idrope labirintico, spiegano la possibile presenza di ovattamento o senso di pressione auricolare, frequente nei pazienti con vertigini o disturbi dell'equilibrio, ma spesso non riferita in assenza di domande specifiche. L'elettrococleografia (da noi eseguita con tecnica peritimpanica non invasiva che ci consente di eseguire questa indagine bilateralmente e di routine) è un esame poco praticato in Italia, ma universalmente accettato quale affidabile test per identificare l' idrope. Alterazioni elettrococleografiche, spesso peraltro bilaterali, sono presenti nella maggior parte dei pazienti con disturbi diversi da quelli della classica malattia di Meniere. Anche le otoemissioni acustiche evocate da transienti ed i prodotti di distorsione cocleari permettono di identificare eventuali alterazioni dell'orecchio interno. Con l'esperienza specifica siamo oggi adirittura in grado di riconoscere alcune peculiari anomalie di questo accertamento tipiche dell'idrope, come dimostra la loro normalizzazione dopo il trattamento specifico. I potenziali evocati uditivi, indagine fondamentale per escludere un neurinoma del nervo acustico (tumore benigno che può rivelarsi con vertigini o disturbi dell'equilibrio) o altre alterazioni neurologiche (quando il paziente non abbia già eseguito una risonanza magnetica), consentono di rivelare minime alterazioni funzionali (a carico del nervo acustico o delle fibre nervose all'interno del labirinto) non rivelabili nemmeno con la diagnostica per immagini. In base all'esito degli esami potrà talora essere proposta una risonanza magnetica (RM) o una angio-RM, che all'occorrenza potrà essere effettuata dal nostro consulente radiologo.

Utili informazioni possono derivare anche dallo studio del sistema nervoso autonomo neurovegetativo, ormai eseguito di routine in tutti i nostri pazienti mediante analisi della variabilità della frequenza cardiaca, che può rivelare alterazioni specifiche nella regolazione dei liquidi labirintici.

Il nostro nuovo protocollo diagnostico include ormai di routine, almeno per pazienti che debbano essere sottoposti a trattamento, anche lo studio di interazioni con l'apparato endocrino (ricerca di anticorpi anti-tiroide, dosaggio della prolattina, eventuale ecografia della tiroide), già rivelatesi importanti e frequenti in nostre precedenti ricerche.

La collaborazione con specialisti di altre discipline ci permette di non limitarci alla diagnosi ed al trattamento delle vertigini da causa labirintica (pur se in assoluto le più frequenti) ma di affrontare questi disturbi in senso globale, grazie alla possibilità di integrare alla visita otorinolaringoiatrica audiovestibolare, ove necessario eventuali consulenze neurologiche - neurochirurgiche, oftalmologiche, fisiatriche, psichiatriche, cardiologiche o gnatologiche (articolazione temporo-mandibolare).

Nonostante spesso già questo attento protocollo diagnostico, soprattutto se supportato dalla presenza di elementi tipici nella storia clinica del paziente, ci consenta di prevedere la presenza di alterazioni reversibili da idrope (disfunzione idromeccanica), in realtà, come già detto, una vera diagnosi in questo settore non può prescindere da un test di reversibilità (o test di riattivazione) del labirinto, corrispondente sostanzialmente all'analisi dei risultati del trattamento. In caso di efficacia totale o anche solo parziale, associata alla modifica delle alterazioni funzionali precedentemente riscontrate, la responsabilità, in parte o in tutto dei disturbi e delle alterazioni stsse potrà essere imputata alla disfunzione idromeccanica anzichè (o non non solo) a danni permanenti a carico dei recettori o ad altre cause. La nostra teoria sul ruolo predominante della disfunzione idromeccanica esercitata dai liquidi sui recettori (non solo sotto foma di impedimento alla normale funzione ma anche di tipo eccitatorio) nella maggior parte delle sindromi vertiginose (ed in generale dei disturbi dell'orecchio interno) deriva proprio, oltre che dal riscontro di alterazioni specifiche, dall'efficacia del trattamento sia in termini di risoluzione dei sintomi, che di regressione delle alterazioni strumentali, nell'assoluta maggioranza dei pazienti seguiti con questo protocollo.

Il test di reversibilità da noi proposto, che in pratica si compone di un trattamento in day hospital preceduto e seguito da un trattamento domiciliare, costituisce allo stesso tempo il primo approccio terapeutico a queste patologie. In caso di successo solo parziale o non persistente, vengono proposti ulteriori trattamenti specifici attivi sull'idrope (ad esempio la ripetizione del trattamento associata a somministrazione intratimpanica di steroidi o il drenaggio transtimpanico), e solo in caso di totale insuccesso (verosimilmente da imputare ad alterazioni davvero irreversibili o ad altre cause, ma in generale il sintomo vertigine si è fin'ora rivelato con questo approccio il più facile ed il più rapido da trattare) il paziente sarà indirizzato verso altri trattamenti farmacologici o riabilitativi.

Le basi fisiopatologiche della disfunzione idromeccanica ed il razionale della terapia

Il razionale del test-trattamento di reversibilità (o di riattivazione labirintica) da noi ideato si basa su quanto oggi sappiamo sui meccanismi che determinano la formazione dell'idrope, ovvero di un eccesso di liquidi nel labirinto (orecchio interno).

Un ruolo di primaria importanza sembra essere svolto dall'ormone antidiuretico (ADH) o vasopressina, un'ormone prodotto nell'ipotalamo e rilasciato in circolo dalla ghiandola ipofisi. Compito principale dell'ADH è la conservazione delle riserve idriche dell'organismo. Tale azione viene svolta principalmente a livello del rene dove l'ADH determina il riassorbimento della maggior parte del liquido in transito attraverso appositi canali denominati aquaporine. Recettori per l'ADH e aquaporine sono stati però già da qualche tempo identificati anche a livello dell'orecchio interno ed il ruolo dell'ormone nella regolazione dei liquidi dell'orecchio interno è già stato confermato da numeorsi ricercatori.

La produzione di quest'ormone è soprattutto stimolata dalla concentrazione dei liquidi corporei e dallo stress. Sulla produzione dell'ormone influsicono però in modo sensibile anche le variazioni metereologiche, termiche e di pressione atmosferica, elementi ben noti a molti pazienti con disturbi dell'eorcchio interno. Una eventuale ipersensibilità dell'orecchio all'azione dell'ormone, od una anomalia nell'espressione delle aquaporine potrebbe spiegare l'eccesso di liquido che determina l'idrope.

Se davvero, come sembra ormai confermato, l'azione dell'ADH, unita probabilmente ad una inadeguata capacità di compensare e scaricare gli eccessi di liquido determinati nel labirinto da quest'ormone è alla base della formazione e dell'eventuale persistenza dell'idrope, un trattamento che inibisca il rilascio dell'ormone stesso dovrebbe essere efficace quale cura della vertigine e degli altri sintomi da disfunzione idromeccanica. Purtroppo terapie farmacologiche con antagonisti recettoriali di quest'ormone (sostanze che legandosi ai recettori dell'ADH nell'orecchio interno impediscano di fatto la sua azione a livello delle aquaporine) non sono ancora disponibili (ma sono oggetto di una intensa attività di ricerca, soprattutto da parte di ricercatori giapponesi che ne hanno già sperimentato l'efficacia in laboratorio e recentemente, ma per patologie cardiache, anche sugli umani - tolvaptan, conivaptan sono i nomi di questi farmaci per chi volesse fare delle ricerche).

Il più efficace antagonista non farmacologico dell'ormone antidiuretico ce l'abbiamo però già: l'acqua. Abbiamo già detto, infatti, come la concentrazione di liquidi corporei rappresenti uno stimolo al rilascio dell'ormone. Un basso livello di osmolarità plasmatica (ovvero la diluizione) costitituisce infatti un importante mecanismo inibitorio. Cardine del nostro trattamento per la malattia di Meniere, ideato anni fa per questa patologia, e quindi successivamente esteso alla cura delle altre patologie dell'orecchio interno è infatti un particolare trattamento dietologico iperidrico da abbinare ad un particolare regime alimentare. Già da diversi anni, anche solo con tale metodo riuscivamo a prevenire, nella maggior parte dei pazienti, la ricorrenza delle vertigini e dei disturbi uditivi fluttuanti dell'idrope, dovendo ricorrere solo in casi più difficili ad ulteriori trattamenti farmacologici.

Quando dalla semplice prevenzione delle ricorrenze ed al trattamento di disturbi fluttuanti abbiamo allargato il nostro obbiettivo alla risoluzione di disturbi perfino stazionari (magari da anni) e a quadri clinici diversi dalla classica malattia di Meniere abbiamo dovuto ideare un trattamento ancora più efficace.

La nostra attuale terapia di attacco alla disfunzione idromeccanica dell'orecchio interno (e quindi lo stesso test di reversibilità) si basa infatti su tre elementi fondamentali tutti miranti a contrastare il rilascio e l'azione dell'ormone antidiuretico: il mannitolo (un diuretico osmotico, che rende disponibile l'acqua immagazzinata dai tessuti), i derivati del cortisone (che hanno una azione di antagonisti, in presenza di un carico idrico, sul rilascio dell'ormone antidiuretico e sembrerebbero avere anche la capacità di modificare le aquaporine), ma sopratutto il carico idrico, prima e durante la somministrazione del trattamento, senza il quale la terapia stessa è molto meno (o per nulla) efficace. Per essere efficace la terapia d'attacco deve però prevedere alcune rigorose metodiche di somministrazione e tempi di trattamento, che non consentono, per ora, di prospettare di eseguirla solo a livello domiciliare. E' altresì indispensabile che la terapia in day hospital venga proseguita a domicilio con il trattamento dietologico iperidrico (che nel nostro attuale protocollo viene avviato ancor prima delle somministrazioni endovenose) e che vengano rispettati i tempi previsti per il controllo di efficacia. Nella recente modifica del nostro protocollo, abbiamo anche introdotto quale terapia di supporto farmaci attivi sul sistema nervoso neurovegetativo (clonazepam + levosulpiride) che potrebbero, in associazione alle ulteriori modifiche previste (monitoraggio del trattamento dietologico, doppia somministrazione endovenosa) aumentare ancora di più le possibilità offerte dal trattamento, vista la loro elevata efficacia già dimostrata soprattutto nel controllo delle vertigini 'soggettive' con senso di disequilibrio continuo.

Recentemente abbiamo iniziato a dare paticolare importanza anche a possibili intolleranze alimentari, identificabili mediante esame cito-tossico, per proporre un trattamento dietologico mirato.

Ricerca clinica per vertigini e disequilibrio

L'attività di ricerca clinica del Centro è attualmente rivolta soprattutto allo studio della disfunzione idromeccanica dell'orecchio interno e delle vertigini soggettive e dei disturbi dell'equilibrio da disfunzione otolitica maculare, all'identificazione di nuove possibili indagini diagnostiche, alle correlazioni tra apparato endocrino-ormonale e regolazione dei liquidi dell'orecchio, al ruolo del sistema neurovegetativo (sistema nervoso autonomo) nelle sindromi vertiginose, all'associazione tra vertigine e disturbo di panico, all'identificazione e comprensione dei fattori che determinano la prevalenza dei vari sintomi uditivi e vestibolari e le diverse evoluzioni della disfunzione idromeccanica, nonostante una base fisiopatologica comune.

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Letteratura scientifica su vertigini ed equilibrio

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