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ALTERNE VICENDE DELL'OCCUPAZIONE FRANCESE NELL'ITALIA MERIDIONALE FINO AL 1800

Storia



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ALTERNE VICENDE DELL'OCCUPAZIONE FRANCESE NELL'ITALIA MERIDIONALE  FINO AL 1800

Occupata Napoli dai Francesi, questi, d'accordo coi di­rigenti della «Repubblica partenopea», tra i quali Mario Pagano, Vincenzo Russo, Galanti, Conforti, Abbamonti, Delfino ecc, si spinsero nelle varie provincie meridionali per conquistare l'animo di quelle popolazioni ed esten­dere cosÃŒ il regime repubblicano.



Ma ben pochi pugliesi, lucani e calabresi, si lasciavano convincere. La maggioranza resisteva alle armi repubbli­cane tanto che per conquistare San Severo i Francesi do­vettero uccidere ben tremila abitanti e per sopraffare la cittÀ di Trani dovettero bruciarla.

Essendo cosÃŒ la situazione politica e la resistenza dei meridionali, il cardinale Ruffo, legato del Re Ferdinan-do IV rifugiato in Sicilia, potÈ facilmente risalire la pe­nisola con le proprie bande di partigiani arrivando fino a Napoli mentre evacuavano le truppe francesi chiamate al nord dove la situazione era radicalmente cambiata a loro danno.

Occupata Napoli dai montanari fedeli ai Borboni, e occupato il porto di Napoli dalla flotta inglese, ebbero inizio gli arresti dei patriotti repubblicani lasciati in balia dei loro avversari proprio dai francesi i quali, dopo aver dissanguato le finanze napoletane ad opera del commis­sario giacobino Faypoult, esecrato da tutta la popolazio­ne, li piantarono in asso come limoni spremuti che a loro non servivano piÙ.

L'ammiraglio Nelson odiatore dei francesi e dei suoi seguaci fu lo strenuo sollecitatore ed esecutore delle fe­roci repressioni perché a lui, comandante la flotta inglese del Mediterraneo, interessava distruggere tutto quanto sapeva di francese o di collaborazione coi francesi. Nelson fece impiccare l'ammiraglio Caracciolo ad un pennone a bordo della nave napoletana « Minerva » — fregata ar­mata di 40 cannoni, vanto delle maestranze del glorioso cantiere di Castellammare di Stabia — e un numero enor­me di patriotti tra i quali: monsignor Michele Natale, Eleonora Fonseca Pimentel, Luisa Sanfelice, Giuseppe Al­banese, Carlo Muscari furono impiccati o decapitati.

Inoltre lo stesso Nelson accusava il cardinale Ruffo, legato di Ferdinando e noto per la sua ferocia reazionaria, di essere invece colpevole di assicurare l'impunitÀ e la vita dei repubblicani sottraendoli alle indiscriminate uc­cisioni per inviarli al carcere.

La ferocia delle reazioni È sempre stata e sempre sarÀ inumana; ma tale ferocia diventa poi addirittura infer­nale quando lo straniero, per abietti interessi personali, come quelli di Nelson, puÃ’ avere il sopravvento in omag­gio alla forza e alla prepotenza militare che in quel dato momento puÃ’ mettere in atto.

Un altro regalo che i Francesi avevano fatto agli Ita­liani del meridione riguarda l'isola di Malta. Napoleone diretto con la sua flotta verso l'Egitto si fermÃ’ a Malta e, con la sua abituale prepotenza, occupÃ’ l'isola lascian­dovi tremila soldati di guarnigione. I Maltesi, ribellatisi al dominio francese, si rivolsero al re di Napoli, consi­derato loro legittimo sovrano e allora navi portoghesi ed inglesi partite da Napoli misero assedio all'isola che capitolÃ’ il 4 settembre 1800 e fu occupata dal commodoro Bali in nome del re di Napoli. Gli inglesi dichiararono espressamente di non aspirare al possesso dell'isola — i cui abitanti avevano pagato il riscatto dal dominio fran­cese con ventimila morti —, ma praticamente la tratta­rono come terra di conquista e come tale fece poi parte dei possedimenti di Sua MaestÀ il re Britannico.

Dove si vede come avesse ragione quel duca d'Este che per primo portÃ’ l'impiego dell'artiglieria, in campo aperto lontano dalle fortezze, durante una delle normali guerre tra Francesi e Spagnoli nella Val Padana.

Il duca, comandante delle artiglierie, stava sparando allegramente sulle truppe di una delle due parti quando arrivÃ’ di corsa un corriere a cavallo per avvertire che i cannoni sparavano sulle truppe amiche e non su quelle nemiche. Ma il duca imperturbabile rivolto ai propri can­nonieri disse loro: « Continuate a sparare dove vi pare tanto son tutti nemici lo stesso ».

E dopo tanti secoli lo scetticismo del duca d'Este fa ancora molto riflettere.

Fortunatamente oggi si parla e si ragiona in termini europei: speriamo che le nazioni piÙ potenti sappiano e vogliano realmente ragionare in tali termini. Del resto questo dovrebbe far parte della naturale evoluzione delle umane cose. Dal feudo si passÒ lentamente al Comune e dai Comuni agli stati regionali, e da questi, cacciati gli stranieri, alle unitÀ nazionali. Ben venga l'unitÀ europea sperando che possa essere seguita da quella per continenti e poi da quella mondiale.

Il lettore leggendo queste note potrebbe essere indotto a pensare che vi possa essere qualche esagerazione, ma­gari involontaria, riguardo alla descrizione degli eccessi francesi ed anche inglesi nell'Italia meridionale.

Premesso perÃ’ che ogni avvenimento, ogni deduzione, ogni commento, poggia solidamente su documentazioni, di volta in volta controllate e comparate tra di loro, È bene vedere come i Francesi, salutati come liberatori al loro arrivo nella Valpadana, fossero salutati con letizia maggiore quando se ne dovettero andare inseguiti dai Co­sacchi di Suvarov, giunti in aiuto ai soldati austriaci. E per dare un'idea esatta di quale era l'opinione al riguardo della classe colta lombarda È bene far parlare, uno per tutti, il poeta Parini, riproducendo un suo so­netto scritto e pubblicato nell'estate del 1799.

Il Parini era uno spirito eletto che scolpÃŒ, ad uso dei posteri, il proprio carattere con pochi versi invidiatigli poi da GiosuÈ Carducci, il quale diceva che per quei po­chi versi avrebbe dato tutte le proprie poesie.

Eccoli:

Ma non nato a percorrere le dure illustri porte nudo accorrÀ, ma libero il regno della morte; Né ricchezza né onore Con frode e con viltÀ il secol venditore mercar non mi vedrÀ.

Insomma il fustigatore della smidollata nobiltÀ non era, evidentemente, quello che oggi si definisce un «con­formista ».

Ed ecco il sonetto che, altrettanto evidentemente, rap­presentava lo sfogo di gioia di tutta la popolazione nel veder partire l'esercito dei violenti, saccheggiatori e taglieggiatori francesi, negatori della religione:

Predaro i Filistei l'Arca di Dio; Tacquero i venti, e Tarpa de' Leviti E il Sacerdote appresso e il popol pio, CelÃ’ il decoro degli antichi riti Ma al fin di Terebinto in sul pendio Cadde il gran mostro, che li fea si arditi,

E sue forze Israele alfin sentio Sicché gli empi fugÃ’ vinti e puniti. Or Dio lodiam, che il tabernacol santo E l'arca È salva e si prepara il Tempio Che poi dell'unto del Signor fia vanto Ma de' capi e de' padri il retto esempio Scendea nei figli, onde non torni e pianto E sacrilegio, e violenza e scempio.

La condizione di quelle popolazioni doveva essere ben misera se un poeta dell'altezza di ingegno e di cuore quale il Parini salutava come una salvezza nientedimeno l'arrivo dei cosacchi e degli austriaci. Il sonetto, infatti, È intitolato cosÃŒ: «Sonetto sui gloriosi progressi dell'armi austro-russe composto dall'abate Giuseppe Parini il 15 agosto 1799 ».

Del resto, quando Napoleone con la vittoria di Maren­go riconquistÃ’ nell'anno 1800 tutta l'Italia settentrionale, a chi della repubblica cisalpina si lamentava per l'accesso delle contribuzioni imposte dovunque per alimentare l'e­sercito francese e provvedere ai bisogni della guerra, ri­spondeva che la Repubblica Cisalpina tutto doveva alla Francia. E al generale Massena ordinava:

« È necessario dare degli esempi: il primo villaggio del Piemonte che insorgesse, fatalo saccheggiare e bruciare». E poi quando gli aretini battagliarono coraggiosamente contro i soldati di Napoleone che vollero entrare a viva forza in cittÀ, Arezzo fu abbandonata al sacco piÙ feroce e sfrenato, che durÃ’ sette ore e quanti cittadini erano incontrati per le vie venivano abbattuti a fucilate. E lo stesso Napoleone a tale proposito cosÃŒ disse a don Neri Corsini: «La punizione pronta ed esemplare di Arezzo ha tolto alla Toscana il malvezzo di scannare proditoria­mente i Francesi, acclamando i Tedeschi come liberatori».

Alla vera insegna della liberté, dell'égalité e della fraternité !

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