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IL SACRIFICIO DEI FRATELLI BANDIERA

Storia



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IL SACRIFICIO DEI FRATELLI BANDIERA

Giuseppe MazzinÃŒ, dopo un lungo ed avvilente pere­grinare in Svizzera e in Francia, si era stabilito a Londra, dove era stato accolto affettuosamente dall'elemento colto di quella popolazione e da dove faceva larga propaganda alla « Giovine Italia », associazione segreta da lui ideata ed organizzata, avente per scopo la liberazione della pe­nisola dai vari governi che la tiranneggiavano, trasfor­mandola in un'unica repubblica governata con direttive umane e sociali. Dopo un infelice tentativo di invadere il Piemonte passando attraverso la Savoia, Mazzini non si era scoraggiato e da Londra attraverso una nutrita, quanto segreta corrispondenza, continuava a tenere vivo l'ideale della libertÀ con i suoi corrispondenti italiani. E a Londra Mazzini iniziÃ’ la pubblicazione dei primi capi­toli della sua opera « I doveri dell'uomo » su un gior­naletto intitolato « Apostolato popolare ».



La sua corrispondenza politica si estendeva, oltre che all'Italia, anche alla Francia, al Belgio, alla Spagna, a Costantinopoli, ad Algeri, a Nuova York, a Montevideo e a Malta.

A Londra Mazzini si incontrava con vari amici poli­tici come Fabrizi, Pietramellara, Montanari, Zambeccari, Carlo Poerio ed infiniti altri. Purtroppo gli incitamenti e l'appassionata propaganda di Mazzini spesso fomentavano complotti e sommosse dove l'esaltazione sorpassava di gran lunga le vere possibilitÀ, provocando cosÃŒ inutili eccidi e dolorose perdite umane, nonché un maggior ri­gore da parte dei vari governi della penisola.

Come inevitabile conseguenza si ebbero dolori delu­sioni e altrettanti dolorosi sacrifici in Romagna e nel Bolognese. Uno dei piÙ luttuosi tentativi fatti per ottenere un rivolgimento politico fu quello passato alla storia come « l'eccidio dei fratelli Bandiera » e di alcuni loro com­pagni avvenuto a Cosenza il 25 luglio 1844.

I fratelli Bandiera, Attilio nato nel 1810 a Venezia ed Emilio, nato nel 1819, erano figli del retro Ammi­raglio della flotta austriaca, Francesco Bandiera. Entram­bi i figli, ufficiali della marina austriaca, nutrivano idee di libertÀ ed erano membri di una societÀ segreta chia­mata « Esperia », alla quale partecipava un gran numero di ufficiali.

Attilio, sposato da poco con una fanciulla veneziana di anni diciannove, non aveva trovato nel matrimonio l'affetto sperato pur essendo la moglie degna di ogni rispetto e considerazione. I suoi amici si accorsero che Attilio soffriva di una profonda malinconia e che la sua anima ardente, priva degli affetti familiari, cercava di dimenticare la propria sventura dedicandosi esclusiva­mente alla patria la quale, ben presto, divenne la sua unica passione.

In tali condizioni, in vari viaggi all'estero e perfino in America, Attilio si mise in contatto con cospiratori esuli, e da tali contatti ingigantÃŒ la sua ammirazione per Mazzini apostolo di libertÀ, e raddoppiÃ’ dentro di sé la ferma decisione di fare qualcosa e subito, per realizzare i propri ideali patriottici. Dopo varie peripezie raggiunse l'isola di CorfÙ seguito dal fratello Emilio e dove affluirono altri diciannove com­pagni. Attilio Bandiera era arrivato a CorfÙ da Smirne; in tale cittÀ si era confidato con un tale Micciarelli il quale, non appena messo al corrente di quanto si stava organizzando, denunciÃ’ il fatto all'ambasciatore austriaco di Costantinopoli. Fu sorteggiato il nome di uno dei con­giurati per uccidere il traditore, ma a colui che venne scelto dalla sorte mancÃ’ il coraggio di compiere la ven­detta prevista dagli affigliati alla societÀ segreta « Espe­ria » e il Micciarelli si salvÃ’ con la fuga. A CorfÙ, illu­dendosi con notizie imprecise circa una sollevazione che, iniziata in tutta la Calabria, sembrava perdurasse nella provincia di Cosenza, fu deciso dai ventuno congiurati, male armati e con poco denaro, di raggiungere con una barca la costa calabrese nei pressi di Crotone. Il loro amico Nicola Fabrizi, piÙ ragionevole e soprattutto meno esaltato, dall'isola di Malta, dove viveva in esilio, fece di tutto per distogliere i Bandiera dal loro proposito, da lui giudicato insano, dichiarando che uno sbarco, ma di no­tevoli forze armate, doveva eseguirsi solo dopo una ri­volta giÀ affermatasi, ma non ci si poteva illudere di suscitare moti non ancora avvenuti e che meglio sarebbe stato sbarcare una o due persone solamente, per rendersi conto di come effettivamente stavano le cose per poi ade­guarsi alla realtÀ della situazione.

Ma i Bandiera, con molta fede e con altrettanta inge­nuitÀ, scelsero disgraziatamente come propri compagni ol­tre a persone sicure e di grande valore quali Ricciotti, Moro, Nardi ecc. anche dei traditori, quali un certo Me-luso profugo perché delinquente comune e condannato in contumacia dal governo borbonico e un certo De No­bili, altro delinquente comune, che andÃ’ subito a denun­ciare al Console Sardo la prossima partenza della spedi­zione. Oltre a questi due partecipÃ’ all'impresa il traditore che nella storia del Risorgimento italiano È rimasto come l'immagine del piÙ lurido e vigliacco tra tutti i traditori. Si tratta del corso Pietro Boccheciampe, che si dimostrÃ’ rima della partenza il piÙ entusiasta per la spedizione e incoraggiÃ’ in tutti i modi i fratelli Ban­diera affinchÈ non la procrastinassero.

Non appena i ventuno congiurati sbarcarono in Ca­labria, il Boccheciampe di nascosto corse a Crotone de­nunciando alla polizia l'arrivo dei suoi compagni. Naturalmente durante la marcia tra la costa e Cosenza gli eroici illusi furono affrontati dalla polizia e dai con­tadini e arrestati.

La popolazione di Cosenza durante la prigionia di quei martiri fu molto comprensiva e caritatevole e li aiutÃ’ in tutti i modi, con letti, vestiti e vettovaglie.

Ma la sentenza arrivÃ’ inesorabile e nove furono i fuci­lati nel vallone di Rovito dove venne, in tempi migliori, innalzato un ricordo marmoreo. Altri furono condannati al carcere e nel 1846 vennero graziati da Ferdinando II.

Se i fratelli Bandiera fossero sbarcati su qualsiasi altro punto della costa della penisola la loro sorte sarebbe stata identica se non peggiore di quella subita nel reame delle Due Sicilie. Tale martirologio fu l'innesima dimostrazione come le sette fossero pericolose e spesso controproducenti, anche e specialmente, per il fatto che essendo segrete avevano nel loro stesso seno il germe del loro cattivo destino, ossia la possibilitÀ del tradimento.

I fratelli Bandiera, e coloro che con loro morirono, fu­rono sublimi per il loro eroico e dignitoso contegno nella sventura, ma diedero anche la triste dimostrazione come la propaganda fatta da lontano, da oltre confine, senza conoscere la realtÀ della situazione, fosse una propaganda pericolosa per i funesti effetti che poteva procurare.

Ora, oltre a queste considerazioni, È bene sottoporre al lettore la strana ed imprevista ripercussione che la spe­dizione dei fratelli Bandiera ebbe al Parlamento inglese, affinchÈ ci si renda conto come la leggenda di uno svisce­rato amore di quel governo verso gli Italiani fosse ap­punto solamente una leggenda. Il governo inglese ha sempre e solamente, allora come in epoca piÙ lontana e piÙ recente, come del resto qualsiasi governo straniero, aiutato ed ostacolato gli Italiani in quanto ciÃ’ poteva o non poteva corrispondere al proprio interesse.

Affermare il contrario potrebbe considerarsi una forma evidente di ingenuitÀ o di altrettanto evidente forma di malafede. Ed eccoci ai fatti: Mazzini si era accorto come nei mesi precedenti al martirologio della spedizione Ban­diera le lettere, a lui dirette, arrivavano con qualche ri­tardo e con qualche segno di manomissione. Fece qualche esperimento e constatÃ’ che due lettere — una indiriz­zata a persona abitante nella sua stessa casa ed una a sé stesso ed impostate nello stesso momento, •— non arri­varono mai insieme; quella a lui indirizzata giungeva tardi. Un seme, un capello, un po' di polverino intro­dotti di proposito erano scomparsi quando la lettera gli veniva rimessa.

Allora Mazzini denunciÃ’ all'opinione pubblica inglese e al deputato liberale Tommaso Duncombe la sua per­suasione che le lettere a lui dirette fossero aperte dal­l'autoritÀ politica, e poiché nella corrispondenza degli esuli era celata una trama della indefessa cospirazione nazionale, il Mazzini manifestÃ’ il dubbio che il governo inglese rivelasse ai governi reazionari ciÃ’ che i patrioti italiani facevano o si proponevano di fare. Il deputato Duncombe portÃ’ l'accusa alla Camera dei Comuni e ne seguirono vivaci discussioni, che dettero luogo ad un'in­chiesta e ne risultÃ’ che il ministro sir John Graham, Segretario di Stato per gli Interni, avendo avuto notizia che si ordivano cospirazioni per preparare in Italia la rivoluzione e valendosi di un antico editto, mai abrogato, che lasciava al governo tale facoltÀ, aveva il primo mar­zo 1844 autorizzato l'apertura delle lettere dirette al Maz-zini revocando tale ordine il 3 giugno dello stesso anno. E inoltre si venne a sapere che Sir Graham mandava co­pia delle lettere intercettate a Lord Aberdeen, Segretario di Stato per gli Esteri, il quale di quando in quando in­viava informazioni all'Austria, senza tuttavia comunicare il testo delle lettere stesse. Il ministro Graham negÃ’ di avere mai avuto sentore della spedizione dei fratelli Ban­diera in Calabria e di avere fatto su questo oggetto se­gnalazioni al Governo di Napoli. Che sia stato vero tutto o in parte, quanto il sullodato Sir Graham affermÃ’ nella Camera dei Comuni, certamente oggi nessuno È in grado di poter sapere. Quello perÃ’ di cui si puÃ’ essere certi È che in quel periodo il Governo inglese seguiva una politica filo austriaca, ossia antifrancese, e tutto quello che poteva far piacere all'Austria, il governo inglese, con altrettanto piacere, lo faceva ogni volta che se ne presen­tasse l'occasione.



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