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LA CORTE COSTITUZIONALE

Diritto



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La Corte costituzionale

Sezione I: La giustizia costituzionale in generale



Il problema della giustizia costituzionale, intesa come possibilitÀ di sindacare le leggi ordinarie per preteso contrasto con la Costituzione, sorge, prevalentemente, in presenza di Costituzioni rigide e si pone come garanzia di tale rigiditÀ.

“Sindacato diffuso” di costituzionalitÀ: si parla di sindacato diffuso quando ogni giudice, all’atto di applicare una legge, puÃ’, e deve, accettarne la conformitÀ a Costituzione, disapplicandola in caso di difformitÀ. Il giudice non annulla, non potendo, la norma ritenuta incostituzionale, ma si limita a non applicarla: È il caso degli U.S.A. La norma disapplicata perÃ’ resta in vigore potendo essere annullata solo dall’organo legislativo. I vantaggi sono legati a una piÙ diretta e immediata possibilitÀ di controllo di costituzionalitÀ delle leggi ordinarie, tuttavia questo sistema puÃ’ consentire ai giudici ordinari un’ingerenza nel merito delle scelte legislative delle Assemblee (“governo dei giudici”).

Sindacato accentrato di costituzionalitÀ: sistema opposto al precedente, si realizza quando la competenza a valutare la conformitÀ a Costituzione delle leggi È attribuita a un solo organo. PuÃ’ distinguersi a seconda che l’organo sia di natura prevalentemente politica (Francia), o di natura prevalentemente giurisdizionale (Stati tedeschi, Austria). La soluzione adottata dalla Costituzione italiana per una magistratura speciale denominata Corte Costituzionale si avvicina maggiormente a quest’ultimo modello.

Sezione II: Posizione e struttura della Corte costituzionale

Nel nostro ordinamento non fu mai contestata la scelta di istituire una magistratura costituzionale, al fine di assicurare il rispetto dell’ordine costituzionale delle competenze, mentre si discusse se assegnare o meno alla Corte una composizione influenzata dal dato politico, propendendo per il no.

L’art.137 Cost. riserva alla legge costituzionale (legge cost.1953,n.1) di stabilire le condizioni, le forme, i termini di proponibilitÀ dei giudizi di legittimitÀ costituzionale, nonché le garanzie di indipendenza dei giudici della Corte, mentre le altre norme necessarie per la costituzione e il funzionamento della Corte sono stabilite con legge ordinaria (legge 1953,n.87).

La composizione della Corte Costituzionale: la composizione della Corte Costituzionale È disciplinata anzitutto dall’art.135 Cost., modificato dalla l.cost. 1967,n.2.

I giudici della Corte sono quindici e sono nominati, in ordina successivo: dalle supreme magistrature ordinaria e amministrativa (1/5), dal Parlamento in seduta comune (1/5), dal presidente della Repubblica (1/5). Tali giudici sono scelti tra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria e amministrative, tra i professori ordinari di universitÀ in materie giuridiche e tra gli avvocati dopo 20 anni di esercizio, e durano in carica 9 anni. Viene esclusa l’ipotesi della proroga dei poteri con l’eccezione del caso di scadenza di un giudice durante un processo penale costituzionale: il giudice resta in carica limitatamente allo svolgimento di quel processo e fino alla sua conclusione. I giudici non possono essere nuovamente nominati, scaduti i 9 anni.

Per i soli giudizi di accusa contro il presidente della Repubblica È prevista una composizione allargata della Corte Costituzionale: accanto ai quindici giudici ordinari intervengono altri sedici giudici “aggregati”, di origine piÙ accentuatamente politica, tratti a sorte da un elenco, compilato dal Parlamento, di 45 cittadini aventi i requisiti per l’eleggibilitÀ a senatore (aventi 40 anni).

“Status” dei giudici costituzionali: ogni giudice, prima di assumere le funzioni, presta giuramento nelle mani del presidente della repubblica di osservare la Costituzione e le leggi, e da tale momento decorrono i 9 anni di durata della carica. La l.cost. 1953,n.1 e la l. 1953,n.87 disciplinano lo status di giudice costituzionale: sostanzialmente i giudici non possono assumere o conservare altri impieghi lavorativi, possono iscriversi a partiti politici ma non esercitare l’attivitÀ di partito e godono dell’immunitÀ accordata ai membri della Camera (senza autorizzazione della C.Cost., non possono essere arrestati, perquisiti, ecc.. e godono di una cospicua retribuzione). I giudici costituzionali inoltre non sono sindacabili né possono essere perseguiti per le opinioni espresse e per i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni; non possono essere rimossi né sospesi dal loro ufficio se non con decisione della Corte, per sopravvenuta incapacitÀ fisica o civile o per gravi mancanze nell’esercizio delle loro funzioni. Infine va ricordato che un giudice che per 6 mesi non eserciti le sue funzioni decade dalla carica.

Organizzazione interna della Corte Costituzionale: il presidente della Corte Costituzionale, che dura in carica 3 anni, È eletto dai giudici ordinari a maggioranza dei componenti; nel caso nessuno riporti la maggioranza si procede a una seconda votazione, ed eventualmente a ballottaggio.

Subito dopo l’elezione, il presidente designa un giudice che assume il ruolo di vice presidente, destinato a sostituirlo per il tempo necessario in caso di impedimento. E’ prevista inoltre la costituzione di un ufficio di presidenza composto del presidente, del vice presidente e di 4 giudici, eletti per 2 anni dalla Corte a scrutinio segreto. Ancora, la Corte procede all’elezione di due commissioni di tra giudici ciascuna, una per gli studi e i regolamenti, l’altra per la biblioteca.

La Corte Costituzionale ha sede a Roma nel Palazzo della consulta. La destinazione di tale Palazzo, compresi gli accessori, le pertinenze e gli arredi, a sede permanente della Corte, costituisce un’ulteriore garanzia in favore dell’indipendenza e dell’autonomia della Corte.

Sezione III: Le funzioni della Corte costituzionale

Nel nostro ordinamento la Corte Costituzionale È organo di garanzia e, in quanto tale, esercita un’importante funzione di controllo. Secondo l’art.134 Cost. modificato dalla l.cost. 16 gennaio 1989, la Corte ha la competenza a giudicare:

sulle controversie relative alla legittimitÀ costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni;

sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni;

sulle accuse promosse contro il presidente della Repubblica a norma della Costituzione;

sull’ammissibilitÀ rispetto all’art.75 Cost. delle richieste di referendum abrogativi (secondo la l.cost. 11 marzo 1953).

IL GIUDIZIO SULLA LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE DELLE LEGGI E DEGLI ATTI AVENTI FORZA DI LEGGE DELLO STATO E DELLE REGIONI

Atti assoggettabili al giudizio della Corte: la competenza di maggior rilievo della Corte Costituzionale È quella di giudicare la costituzionalitÀ delle leggi e degli atti aventi forza di legge.

Gli atti che possono essere sottoposti al giudizio della Corte sono, anzitutto, le leggi dello Stato e quelle delle Regioni; in secondo luogo gli atti aventi forza di legge dello Stato (ma non delle Regioni); in terzo luogo le leggi delle Province autonome di Trento e Bolzano.

In quanto “atti”, puÃ’ escludersi l’impugnabilitÀ di norme consuetudinarie, in quanto “aventi forza di legge”, puÃ’ escludersi la competenza della Corte su atti normativi di grado secondario, che spetta invece al giudice ordinario o al giudice amministrativo.

Tra gli atti dello Stato aventi forza di legge, possono essere compresi i decreti presidenziali di attuazione degli statuti regionali speciali, che rientrano nei decreti legislativi, gli atti adottati dal Governo dotato dal Parlamento di potestÀ legislativa, gli atti normativi e il risultato del referendum abrogativo.

Per quanto riguarda gli atti legislativi regionali, possono sicuramente essere impugnate le leggi regionali, mentre qualche dubbio rimane per gli statuti regionali. Sono da escludere invece gli atti regionali con forza di legge analoghi ai decreti legge o ai decreti legislativi statali, per il fatto che al Consiglio regionale spetta la potestÀ legislativa, senza possibilitÀ di deleghe o di eccezioni.

Forza legge: secondo una diffusa dottrina la forza legge comporta per l’atto che la possiede due qualitÀ:

capacitÀ innovativa: capacitÀ di abrogare o modificare qualsiasi atto legislativo (aspetto attivo);

capacitÀ di resistenza: capacitÀ di non essere abrogato o derogato da parte di qualsiasi atto di grado non legislativo (aspetto passivo).

Possibili vizi delle leggi: i possibili vizi degli atti impugnati possono inquadrarsi nella tripartizione:

violazione di legge: puÃ’ essere stata violata la Costituzione negli aspetti formali (procedimento

di formazione) o negli aspetti materiali (contrasto del contenuto);

incompetenza: in ipotesi di concorso vincolato di fonti a competenza reciprocamente definita (ad

es. decreti legislativi che superino il contenuto della legge di delegazione, o legge statale che 

disciplina una materia riservata ad altra fonte;

eccesso di potere legislativo: anche il legislatore deve infatti perseguire le finalitÀ stabilite dalla

Costituzione, sicché la sua attivitÀ non puÃ’ piÙ dirsi del tutto libera nel fine, puÃ’ essere

impugnata per eventuali deviazioni dalla finalitÀ prescritta. Deve invece escludersi 

l’ammissibilitÀ che il controllo di legittimitÀ della Corte comporti una valutazione di natura 

politica o un sindacato sull’uso del potere discrezionale del Parlamento.

Il processo costituzionale puÃ’ iniziarsi o mediante ricorso proposto da chi vi sia legittimato (procedimento in via d’azione o principale), oppure mediante eccezione di incostituzionalitÀ sollevata nel corso di un giudizio (procedimento in via di eccezione o incidentale).

a) Procedimento in via d’azione: puÃ’ essere iniziato solo dallo Stato nei confronti di leggi regionali e dalle Regioni nei confronti di leggi o atti con forza di legge dello Stato o di altre Regioni.

L’impugnazione dello Stato puÃ’ essere esercitata quando la Regione abbia riapprovato la legge che il Governo aveva giÀ rinviato per motivi di illegittimitÀ, e ha natura preventiva, nel senso che interviene dopo l’approvazione della legge (che dunque È perfetta) ma prima della sua promulgazione. Per quanto riguarda l’impugnazione da parte delle Regioni di leggi o atti con forza di legge statali e di leggi di altre Regioni, questa È sempre successiva alla pubblicazione.

I motivi di ricorso: le leggi statali possono essere impugnate dalle Regioni solo per “invasione di competenza”, la legge regionale, invece, puÃ’ essere impugnata dal Governo quando esso ritenga che la legge “ecceda la competenza della Regione”, ma comprendendo anche qualsiasi vizio di incostituzionalitÀ. Se perÃ’ l’impugnazione della legge regionale È proposta da un’altra regione, il vizio deve riguardare la violazione della Regione corrente (di nuovo incompetenza in senso stretto).

b) Procedimenti in via di eccezione: i soggetti diversi dallo Stato e dalle Regioni possono chiamare in causa la C. Costituzionale per far valere l’illegittimitÀ di una legge soltanto in via di eccezione.

Tale procedura presuppone:

l’esistenza di un giudizio principale dinanzi ad un’autoritÀ giurisdizionale;

la necessitÀ di applicare, nel corso di tale giudizio, una disposizione legislativa che una parte, o il pubblico ministero, o lo stesso giudice sospetta di incostituzionalitÀ;

la questione di costituzionalitÀ sollevata mediante istanza da una delle parti o d’ufficio, che si configura come incidente processuale;

un preliminare esame del giudice per accertare che la disposizione enunciata sia rilevante (nel senso che il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della proposta questione) e che la questione non sia manifestamente infondata;

l’emissione di un’ordinanza con la quale il giudice del procedimento principale dispone l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale e sospende il giudizio in corso.

La rilevanza della questione e la non manifesta infondatezza trovano giustificazione nell’esigenza non solo che esista un filtro selettore delle questioni di costituzionalitÀ ma anche che esso funzioni correttamente per evitare che la legge venga aggirata e siano portate al giudizio della Corte questioni la cui decisione non ha influenza sulla definizione del processo principale.

Con l’ordinanza di rimessione, che deve indicare le disposizioni dell’atto che si ritengono viziate da illegittimitÀ costituzionale e quelle della Costituzione o delle leggi costituzionali che si assumono violate, la questione di costituzionalitÀ È sottoposta al suo giudice naturale, cioÈ la Corte Costituzionale. Si instaura cosÃŒ il processo di costituzionalitÀ.

La decisione della Corte: l’art. 18 della legge 1953,n.87, pur subendo eccezioni, stabilisce che la Corte giudica in via definitiva con sentenza, mentre gli altri provvedimenti di sua competenza sono adottati con ordinanza. Le sentenze della Corte, secondo lo schema piÙ semplice, possono essere di accoglimento (e quindi incostituzionalitÀ) o di rigetto. Principio generale nella decisione della controversia da parte della Corte È la corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, ma possono esserci due eccezioni: a) la Corte stessa, nel corso di un processo in svolgimento dinanzi ad essa sollevi eccezione di incostituzionalitÀ nei confronti di una disposizione da applicarsi nel processo di che trattasi; b) la Corte dichiari l’illegittimitÀ di altre disposizioni legislative, in conseguenza dell’illegittimitÀ delle disposizioni impugnate.

Le sentenze di accoglimento: le sentenze di accoglimento sono pubblicate due volte: mediante deposito in cancelleria, come le sentenze delle altre magistrature, ed entro dieci giorni “nella medesima forma stabilita per la pubblicazione dell’atto dichiarato costituzionalmente illegittimo” , e cioÈ sulla Gazzetta Ufficiale e, in caso di legge regionale, sul Bollettino Ufficiale della Regione. E’ stata inoltre disposta la pubblicazione del testo integrale di tutte le sentenze della Corte nella prima parte della Gazzetta Ufficiale.

Secondo l’art. 136 Cost. “la norma dichiarata incostituzionale dalla Corte cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”. Con la legge 57/1983 viene perÃ’ dichiarata la retroattivitÀ della pronuncia della Corte: dal giorno successivo alla pronuncia della Corte la legge dichiarata incostituzionale non puÃ’ piÙ avere applicazione, con l’eccezione dei rapporti giÀ esauriti (sentenza passata in giudicato, prescrizione maturata, decadenza). Tale eccezione non vale comunque in materia penale, dove la sentenza ha efficacia totalmente retroattiva.

Le sentenze di rigetto: come tutte le sentenze della Corte Costituzionale, sono pubblicate per esteso nella Gazzetta Ufficiale; a differenza delle sentenze di accoglimento, le decisioni di rigetto non hanno efficacia generale, e i loro effetti sono limitati al processo nel corso del quale È stata sollevata l’eccezione. Nulla esclude che sotto altri profili, o in riferimento a disposizioni costituzionali diverse da quelle enunciate nell’eccezione che ha dato luogo al giudizio,la legge sia incostituzionale e tale possa venir giudicata dalla Corte in un successivo processo.

Altre sentenze: accanto alle sentenze di accoglimento e di rigetto, espressamente previste dalla legge, la pratica ha evidenziato un altro tipo di sentenze, definite volta a volta interpretative, condizionali, parziali, correttive, addittive, manipolative e talora “monitorie” (verso il legislatore), che hanno accentuato il ruolo politico della Corte e hanno solo forza di legge ordinaria.

IL GIUDIZIO SUI CONFLITTI DI ATTRIBUZIONI

Compete dunque alla Corte decidere sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni e tra le Regioni. Sorge un conflitto quando due autoritÀ si dichiarino entrambe competenti(conflitto positivo)o entrambe incompetenti rispetto allo stesso affare(conflitto negativo).

Conflitti reali: se vi È stata emanazione di provvedimenti che importino assunzione di competenza o implicita affermazione di competenza ¹ Conflitti virtuali: presuppongono un’affermazione potenziale di competenza, non perÃ’ tradottasi nell’emanazione di un atto.

Conflitti diretti: È il titolare della attribuzione a sollevare la questione ¹ Conflitti indiretti: tale potere spetta a soggetti esterni, a ciÃ’ espressamente preposti.

I poteri nel vigente ordinamento non possono ridursi ai tre tradizionali, dovendosi riconoscere posizione distinta ad altri organi e cosÌ, almeno, al presidente della Repubblica e alla Corte Costituzionale la cui posizione al di fuori dei tre poteri tradizionali È da tutti ormai riconosciuta.

Il problema di chi sia abilitato a sollevare il conflitto nell’ambito del potere È meno rilevante per i poteri organizzati gerarchicamente, ma non cosÃŒ per organi come la magistratura (i giudici sono sullo stesso piano) o il Parlamento (le Camere hanno gli stessi poteri). Per il Governo È competente il Consiglio dei ministri.

Procedimento: la Corte decide con ordinanza in camera di consiglio sulla ammissibilitÀ del ricorso, se la decisione È nel senso dell’ammissibilitÀ, la Corte dispone la notifica del ricorso a tutti gli organi interessati. Successivamente la Corte risolve il conflitto sottoposto al suo esame dichiarando con sentenza il potere al quale spettano le attribuzioni in contestazione. Ove sia stato emanato un atto viziato da incompetenza, lo annulla.

Per i conflitti di attribuzioni tra Stato e regioni e tra Regioni, i conflitti si caratterizzano per essere reali e positivi; si richiede un’invasione di competenza (che È soprattutto con atti amministrativi, ma anche con atti giurisdizionali) giÀ realizzata e non meramente eventuale. Successivamente al ricorso, presentato per lo Stato dal presidente del Consiglio dei ministri o da un ministro da lui delegato e per la Regione dal presidente della Giunta regionale dopo deliberazione della Giunta stessa, la decisione della Corte È pronunciata dalla Corte con sentenza ed eventuale annullamento dell’atto, anche in questa ipotesi.

IL GIUDIZIO SULLA AMMISSIBILITA’ DELLE RICHIESTE DI REFERENDUM ABROGATIVO

La Corte dovrÀ accertare, anzitutto, che le leggi delle quali si chiede l’abrogazione mediante referendum non siano leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare i trattati internazionali. Il giudizio di ammissibilitÀ richiede inoltre che si stabilisca in via preliminare se non si impongano altre ragioni, costituzionalmente rilevanti, in nome delle quali si renda indispensabile impedire il referendum abrogativo, ad integrazione delle ipotesi previste dalla Costituzione. Nella sentenza 16/1978 sono state dichiarate inammissibili le richieste di referendum: a) per l’abrogazione del Concordato tra Stato e Chiesa Cattolica, e di parte del Trattato lateranense; b) per l’abrogazione di 97 articoli del Codice penale; c) per l’abrogazione del Codice penale militare di pace; d)per l’abrogazione dell’ordinamento giudiziario militare.

La C.Costituzionale si pronuncia sull’ammissibilitÀ delle richieste di referendum mediante sentenza che va pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale entro il 10 febbraio.

IL GIUDIZIO SULLE ACCUSE CONTRO IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Procedimento per la messa in stato d’accusa: l’art.90 Cost. dispone che il presidente della Repubblica responsabile di alto tradimento o di attentato alla Costituzione È messo in stato d’accusa dal Parlamento in seduta comune a maggioranza assoluta dei suoi membri.

I successivi atti e rapporti vengono trasmessi ad un apposito Comitato parlamentare per i procedimenti d’accusa, che compie le indagini del caso e, se non si dichiara incompetente e non dispone l’archiviazione, dopo richiesta di un quarto dei componenti del Parlamento in seduta comune presenta la propria relazione al Parlamento, che nel caso di messa in stato di accusa deve riportare le indicazioni degli addebiti con le relative ipotesi di reato e degli elementi su cui la proposta È basata,.

Entro 30 giorni dalla presentazione della relazione del Comitato viene convocato il Parlamento in seduta comune: in caso di proposta di messa in stato d’accusa, si vota a scrutinio segreto e la deliberazione deve essere adottata a maggioranza assoluta. Qualora il Parlamento abbia deliberato la messa in stato d’accusa, il presidente della Camera trasmette entro due giorni l’atto di accusa della Corte Costituzionale unitamente alla relazione del Comitato per i giudizi di accusa, alle eventuali relazioni di minoranza e agli atti e ai documenti del procedimento.

Procedimento di fronte alla Corte Costituzionale: la composizione della Corte sale in questo caso a trentun membri per la ”aggregazione” di altri sedici giudici. Alle udienze devono partecipare tutti i giudici che non siano legittimamente impediti e il giudice assente ad un’udienza non puÃ’ partecipare alle udienze successive. Dopo aver nominato un giudice per l’interrogatorio, gli atti istruttori necessari e la relazione, si passa al dibattimento e poi alla riunione in Camera di consiglio. Ogni giudice esprime oralmente la propria votazione, senza possibilitÀ di astensione, e distintamente per ogni capo d’imputazione. Il dispositivo della sentenza È letto dal Presidente in pubblica udienza. La sentenza È depositata in cancelleria e trasmessa al Ministro di Grazia e Giustizia per la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale; essa È inappellabile e puÃ’ solo essere sottoposta a revisione ove, dopo la condanna, sopravvengano o si scoprano fatti nuovi importanti.

La pena irrogabile al presidente della Repubblica puÃ’ raggiungere l’ergastolo, mentre per le altre sanzioni È da ritenersi certa la pronuncia della decadenza della carica, nonché l’interdizione dai pubblici uffici e gli eventuali risarcimenti di danni, in conformitÀ alle norme generalmente vigenti.



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