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La prospettiva regionale
Dopo le tendenze federaliste postunitarie e i provvedimenti fascisti contro le autonomie infrastatali, coloro che prepararono il nuovo ordinamento democratico e poi la nuova Costituzione guardarono alle autonomie locali, alla loro rinascita e al loro potenziamento, come uno dei punti fermi del nuovo Stato, libero e fondato sulla partecipazione popolare.
Senza dubbio il rilievo concesso a tali autonomie era anche legato alle aspirazioni di una civiltÀ contadina che stava per subire,in quegli anni,il piÙ forte ridimensionamento degli ultimi secoli e che concepiva la contrapposizione, e non la necessaria collaborazione,tra potere centrale e potere locale. Tuttavia alla fine della guerra e nel periodo di preparazione della nuova Costituzione, era ben chiara agli osservatori piÙ attenti la necessitÀ di ridare vigore alle pubbliche istituzioni con una ripresa di efficienza e di velocitÀ della pubblica Amministrazione. Era necessario cercare di trovare un corretto punto di equilibrio tra le esigenze dello Stato e dell’Amministrazione centrale e quelle delle autonomie locali, spesso eccessivamente frammentate, anche in prospettiva di programmazione economica: la dimensione regionale divenne cosÃŒ la dimensione ottimale della nuova organizzazione amministrativa. La “Commissione Forti” condusse tra il 1945 e il 1946 una serie di studi importanti sulla riorganizzazione dello Stato.
Motivazioni importanti, che prevalsero, favorevoli alle autonomie locali, furono il valore dell’auto governo (“Non si tratta solo di portare il governo alla porta degli amministrati, con un decentramento burocratico e amminisrtativo…si tratta di porre gli amministrati nel governo di sé medesimi”), e il tema della crescita delle libertÀ (“Senza istituzioni locali una nazione puÃ’ darsi un governo libero, ma non lo spirito della libertÀ”).
In conclusione, l’Assemblea costituente adottÃ’ una disposizione a carattere generale, inserita tra i principi fondamentali (art.5) con l’esplicito riconoscimento delle autonomie locali, e dedicÃ’ il titolo V della parte II agli enti locali territoriali, introducendo nel nostro ordinamento, accanto ai Comuni e alle Province, le Regioni, quali enti autonomi dotati di propri poteri e funzioni secondo i principi fissati nella Costituzione. La norma chiave È:
Art.5: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; si attua nei servizi che dipendono dallo Stato il piÙ ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.”
Il pluralismo giuridico non deve comunque trasformarsi in separazione politica. Qualunque iniziativa assunta nel campo delle autonomie locali dovrÀ essere valutata alla stregua di questo limite e sarÀ conforme a Costituzione solo se non comprometterÀ l’unitÀ e indivisibilitÀ della Repubblica.
Altri principi importanti sono dettati dagli art.115 (che proclama le regioni enti autonomi), art.116 (che prevede forme e condizioni particolari di autonomia per le 5 regioni a statuto speciale), art.128 (che dichiara enti autonomi anche le Province e i Comuni, rispettando i principi fissati da leggi generali della Repubblica, art.119 (prevede l’autonomia finanziaria).
Ordinamenti degli enti locali: un aspetto rilevante delle autonomie locali È nella possibilitÀ di creare diritto non solo nell’ambito dell’ordinamento statale, ma dando vita ad ordinamenti particolari ricompresi nell’ordinamento generale. Sicuramente la Regione ha comunque un’autonomia piÙ ampia, perché nella creazione del suo ordinamento incontra solo i limiti direttamente o indirettamente derivanti dalla Costituzione, mentre i Comuni e le Province devono contenersi, in piÙ, nell’ambito dei principi fissati da leggi generali della Repubblica. Tanto le Regioni quanto i Comuni e le Province hanno perÃ’ titolo a creare un proprio ordinamento giuridico, derivato da quello statale, e nel quale entrano, in un incontro talora non semplice, norme statali e norme poste dall’ente locale in una articolazione di competenze che trova nella Costituzione il suo punto di riferimento, la sua giustificazione e anche i criteri per il superamento delle possibili antinomie.
Autonomia politica degli enti locali: tale autonomia consiste nel potere di darsi un indirizzo politico.
A livello di comunitÀ piÙ ristrette dello Stato, quali Regioni, Province, Comuni, costituzionalmente disciplinate e garantite, puÃ’ ammettersi l’esistenza di un indirizzo variamente circoscritto, ma pur sempre suscettibile di uniformarsi a valutazioni politiche e che potrÀ essere definito secondario o minore, o politico-amministrativo, ma che comunque non puÃ’ essere negato o contestato, quando resti nei limiti indicati da Costituzione. Si rileva anzi posizione di reciprocitÀ tra Stato e Regione, poiché non solo lo Stato puÃ’ contrastare le scelte regionali che superino i limiti costituzionali, ma anche la Regione puÃ’ opporsi a quegli atti statali che invadano la sua sfera di competenza.
Tale attivitÀ politica della Regione con cui essa puÒ darsi un indirizzo politico non È originaria come quella statale, ma derivata ed appunto per ciÒ la si definisce autonoma. Analogamente puÒ parlarsi di autonomia politico-amministrativa per gli enti locali subregionali.
Né questo, di per sé, compromette l’unitÀ statale o incrina il principio dell’indivisibilitÀ della Repubblica, perché l’autonomia politico-organizzativa tanto delle Regioni quanto degli enti locali infraregionali deve contenersi nei limiti stabiliti dall’ordinamento e vi sono strumenti idonei per garantire il rispetto di tali limiti.
Capitolo 2
Sezione I : Problemi generali, l’istituzione delle Regioni
Art.115 Cost.: le Regioni sono costituite in enti autonomi con propri poteri e funzioni, secondo i principi fissati dalla Costituzione.
Distinzioni tra Regioni: la Costituzione differenzia dalle Regioni ad autonomia ordinaria cinque Regioni alle quali, secondo l’art.116, sono attribuite “forme e condizioni particolari di autonomia” (ovvero dove piÙ forte È il problema delle minoranze etniche e linguistiche: Sicilia, Sardegna, Trentino – Alto Adige, , Valle d’Aosta, istituite nel 1948, e Friuli – Venezia Giulia, istituita nel 1963). Gli statuti speciali sono considerati atti dello Stato e non della Regione, e tali Regioni non godono quindi di potestÀ statutaria, ma d’altra parte esse godono di piÙ ampi poteri proprio in forza degli statuti che, essendo leggi costituzionali dello Stato, ben possono derogare alle prescrizioni generali in materia di regioni fissate dalla Costituzione.
Evoluzione storica dopo numerose peripezie i consigli regionali furono effettivamente eletti solo il 7-8 giugno 1970, i decreti delegati, per il trasferimento da parte del Governo delle funzioni amministrativi, furono emanati nel gennaio 1972 e il concreto esercizio di tali funzioni iniziÃ’ il 1° aprile 1972. PiÙ volte, e in ultimo nel 1998, sono stati innovati i trasferimenti delle materie e la loro distribuzione tra regioni ed enti locali infraregionali. I blocchi di materie trasferite sono stati identificati nello sviluppo economico e attivitÀ produttive; nel territorio, ambiente e infrastrutture; nei servizi alla persona e alla comunitÀ e nella polizia amministrativa e regime autorizzatorio.
PiÙ di recente È stata istituito un organismo denominato Conferenza Stato-Regioni.
Sezione II : Gli statuti regionali
L’organizzazione regionale È delineata nei suoi aspetti essenziali dalla Costituzione ma la stessa Costituzione attribuisce alle sole Regioni ad autonomia ordinaria la potestÀ statutaria, nell’art.123, affidando la competenza a regolare l’organizzazione interna delle Regioni ad appositi statuti.
Secondo l’art. 123 Cost., ogni statuto ordinario È deliberato dal Consiglio regionale (entro 120 giorni dalla prima convocazione) a maggioranza assoluta dei suoi componenti ed È approvato con legge della Repubblica. Il Consiglio regionale trasmette lo statuto deliberato al presidente del Consiglio dei ministri, il quale provvede a presentarlo entro 15 giorni al Parlamento.
Imputazione dello statuto: lo statuto, nonostante la successiva approvazione statale, È e resta atto della Regione e va attribuito alla sola volontÀ regionale.
Lo statuto nel sistema delle fonti: si È spesso sostenuto che lo statuto vada considerato in posizione sovraordinato alla legge regionale; tuttavia deve comunque escludersi che il legislatore regionale debba sottostare, per obbligo giuridico, alle indicazioni programmatiche degli statuti.
Contenuto degli statuti regionali: ai sensi del solito art. 123 Cost. lo statuto, “in armonia con la Costituzione e con le leggi della Repubblica stabilisce le norme relative all’organizzazione interna della Regione”. Inoltre “lo Statuto regola l’esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali”. Apparentemente lo spazio che concretamente residua agli statuti È piuttosto modesto, si È cosÃŒ pensato di interpretare in modo piÙ ampio il riferimento all’organizzazione interna regionale.
L’ “armonia con la Costituzione e con le leggi della Repubblica” non deve essere considerata limite degli statuti, o semplice e piatta conformitÀ. Essa esprime infatti l’esigenza di un collegamento logico con il sistema generale che, proprio per essere unitario, non potrebbe tollerare contrapposizioni organizzative cosÃŒ rilevanti da compromettere il quadro logico dell’ordinamento.
Revisione degli statuti: tutte le regioni hanno uno Statuto. Tali statuti possono essere modificati.
La revisione degli statuti si opera mediante legge costituzionale per le Regioni ad autonomia speciale e mediante procedimento identico all’adozione di testi statutari per le Regioni ordinarie. La deliberazione di revisione statutaria dovrÀ essere adottata dal Consiglio regionale a maggioranza assoluta e sottoposta ad approvazione da fare con legge della Repubblica.
Sezione III : Gli organi delle Regioni
La stessa Costituzione, all’art.121, indica quali organi della Regione il Consiglio regionale, la giunta e il suo presidente, definibili organi necessari alla Regione e organi istituzionali, cioÈ organi che corrispondono alla struttura organizzativa fondamentale dell’ente. Per la maggior parte la materia dell’organizzazione dei massimi organi regionali È comunque da ritenersi rimessa all’autonomia statuaria di ogni Regione, ovvero a statuti regionali e a regolamenti interni.
IL CONSIGLIO REGIONALE
Il Consiglio regionale È rappresentante in via diretta della volontÀ popolare ed ha importanti poteri di decisione nella Regione. Alcuni principi riguardo alla sua organizzazione sono dettati dalla Cost., ma la maggior parte dalla legge statale: il numero di consiglieri regionali È compreso tra 30 e 80; sono eleggibili e elettori sostanzialmente tutti i maggiorenni; il sistema elettorale regionale combina sistema maggioritario e proporzionale; i Consigli regionali durano in carica 5 anni.
Come per i parlamentari, esistono diverse cause di ineleggibilitÀ (coloro che ricoprono cariche di alti funzionari dello Stato) e incompatibilitÀ (coloro che si trovino in rapporti economici con la Regione, anche in via indiretta) per i consiglieri regionali, che non sono tenuti a giurare, godono di insindacabilitÀ per gli atti compiuti nell’esercizio delle loro funzioni, rappresentano l’intera Regione e godono di un’indennitÀ di carica.
I consiglieri regionali sono proclamati eletti dal presidente dell’ufficio centrale circoscrizionale: tale elezione deve perÃ’ essere convalidata dallo stesso Consiglio regionale che incarica un’apposita Commissione di scovare eventuali cause di ineleggibilitÀ.
Organizzazione interna del Consiglio regionale
Secondo l’art. 122 Cost., il Consiglio regionale “elegge in suo seno un presidente e un ufficio di presidenza per i propri lavori”. Il presidente viene eletto a scrutinio segreto, talora con particolari maggioranze.
L’ufficio di presidenza, eletto dal Consiglio, si compone del presidente, dei vice presidenti, dei segretari. Altri organi spesso specificati dagli statuti sono i gruppi consiliari, la conferenza dei capigruppo, le commissioni consiliari (con il compito di esaminare preliminarmente i progetti di legge e le altre deliberazioni consiliari, non dotate di competenza deliberante).
Attribuzioni del Consiglio regionale: secondo Costituzione, il Consiglio regionale “esercita le potestÀ legislative e regolamentari attribuite alla Regione e le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione e dalle leggi”. Inoltre “puÃ’ fare proposte di legge alle Camere”.
Appare dunque evidente che il Consiglio È il massimo organo deliberativo della Regione.
Le norme sul funzionamento dei Consigli regionali sono contenute negli statuti che rinviano a loro volta ai regolamenti consiliari. Spesso i lavori consiliari vengono divisi in sessioni e programmati.
LA GIUNTA REGIONALE E IL SUO PRESIDENTE
Composizione: La Giunta regionale, organo esecutivo della Regione, viene eletta dal consiglio regionale tra i suoi componenti, solitamente a scrutinio palese per appello nominale. Tra Consiglio regionale e Giunta si instaura un rapporto fiduciario simile a quello Parlamento - Governo. La Giunta compone del presidente, che “rappresenta la Regione”, e dei membri della Giunta, spesso definiti “assessori”. Il numero di assessori È fissato dagli statuti; quando essi agiscono come componenti della Giunta, non godono dell’immunitÀ di cui godono i consiglieri regionali.
Compiti: compiti principali attribuiti alla Giunta sono quelli di attuare i programmi approvati dal Consiglio regionale, conformarsi agli indirizzi politici e amministrativi deliberati dal Consiglio, proporre al Consiglio regionale i provvedimenti da valutare ed eventualmente deliberare.
La Giunta regionale ha l’iniziativa delle leggi regionali e degli altri atti normativi la cui adozione spetta al Consiglio. Spetta anche alla Giunta deliberare di ricorrere alla Corte Costituzionale.
Bisogna escludere invece che la Giunta regionale possa adottare in via d’urgenza, in mancanza di disposizioni statutarie che lo consentano, deliberazioni o atti di competenza del Consiglio.
Posizione del presidente: per espressa disposizione costituzionale spetta al presidente rappresentare la Regione; promulgare le leggi e i regolamenti; dirigere le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla regione, conformandosi alle istruzioni del Governo centrale. La sua posizione È simile a quella del presidente del Consiglio dei ministri per il compito di dirigere e coordinare l’attivitÀ della Giunta e di mantenere l’unitÀ di indirizzo della Giunta medesima. Il presidente puÃ’ essere coadiuvato da un vice presidente che lo sostituisce in caso di assenza o di impedimento.
Principio della collegialitÀ: si ritiene che sia necessario privilegiare ed evidenziare l’attivitÀ della Giunta con limitazione dell’attivitÀ individuale dei suoi componenti. In pratica, il principio risulta spesso disatteso con notevole incremento delle attivitÀ individuali degli assessori.
LA FUNZIONE LEGISLATIVA
La funzione legislativa È la competenza di porre norme costitutive di diritto obiettivo e poste in posizione equiordinata con la legge statale ordinaria (non cosÌ per gli altri enti locali).
Esistono diversi tipi di legislazione regionale: a)legislazione esclusiva, compete alle sole Regioni ad autonomia speciale ed “esclude” la competenza statale; b) legislazione concorrente, compete a tutte le Regioni e comporta concorso di norme statali e regionali, su una data materia; c) legislazione integrativa o di attuazione, compete a tutte le Regioni.
I tipi di potestÀ legislativa che contribuiscono a delineare l’autonomia regionale sono i primi due, mentre il terzo ha valore limitato e parziale.
Le leggi regionali possono sottostare a limiti di legittimitÀ o di merito.
Limiti di legittimitÀ
limite costituzionale: le Regioni non possono porre disposizioni contrastanti con la Costituzione;
limite territoriale: le Regioni non possono adottare disposizioni legislative destinate a valere oltre il proprio territorio;
limite dei principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato: sono da considerarsi come “principi dell’ordinamento giuridico quegli orientamenti e quelle direttive di carattere generale e fondamentale che si possono desumere dalla connessione sistematica, dal coordinamento e dalla intima razionalitÀ delle norme che concorrono a formare, in un dato momento storico, il tessuto dell’ordinamento giuridico vigente”.
limite del rispetto delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica per la necessitÀ di omogeneitÀ dell’indirizzo generale economico-sociale dello Stato;
limite degli obblighi internazionali dello Stato: È un’esigenza derivante direttamente dal carattere unitario del nostro Stato. Le Regioni non hanno competenza in politica estera;
limite delle materie le regioni possono legiferare attenendosi alle enumerazioni (tassative) delle materie di competenza legislativa regionale;
limite dei principi fondamentali della legislazione statale tale limite vale solo per la legislazione regionale concorrente. La soluzione migliore sarebbe stata richiedere leggi-cornice.
Limiti di merito le norme legislative regionali non devono essere in contrasto con l’interesse nazionale e con quello di altre regioni. In caso di controversie, se il limite È di legittimitÀ, la competenza È attribuita alla Corte Costituzionale, se il limite È di merito la competenza È invece attribuita alle Camere.
Procedimento di formazione delle leggi regionali: le leggi regionali sono deliberate dal Consiglio regionale. Le procedure sono disciplinate da statuti e regolamenti interni, e sono ispirate alle procedure di approvazione delle leggi del Parlamento. E’ previsto l’esame da parte di commissioni permanenti del Consiglio con competenza referente e al controllo, di legittimitÀ e di merito, del Governo nazionale, attraverso il visto del Commissario del Governo. Se il Governo ritiene che la legge ecceda la competenza o incontri dei limiti, puÃ’ “rinviare” la legge al Consiglio regionale.
Il Consiglio regionale puÒ modificare la legge o riapprovarla nello stesso testo: il Governo potrÀ in questo caso promuovere la questione di legittimitÀ di fronte alla Corte Costituzionale o alle Camere.
Posizione della legge regionale: la legge regionale È dunque equiparata alla legge statale, nel senso che anche la legge statale deve cedere alla legge regionale, quando quest’ultima disciplini una materia attribuita alla legislazione regionale. Nell’incontro sulla stessa materia, la prevalenza dovrÀ essere riconosciuta alla fonte competente, statale o regionale che sia.
LA FUNZIONE AMMINISTRATIVA
Criterio del parallelismo delle funzioni: la Regione ha competenza amministrativa negli stessi settori nei quali le È attribuita competenza legislativa, ma non viceversa (art.118 Cost.).
Le leggi della Repubblica possono anche attribuire, in tali settori, le competenze amministrative di interesse esclusivamente locale alle province, ai comuni o ad altri enti locali.
Lo Stato puÃ’ anche, con legge, delegare alla Regione l’esercizio di altre funzioni amministrative.
Trasferimento delle funzioni l’art.17 della l.1970,n.271, ha delegato il Governo ad emanare 11 decreti legislativi per regolare il passaggio delle funzioni amministrative attribuite alla Regione dall’art.117 Cost. e del relativo personale dipendente dallo Stato. Con la l.22 luglio 1975, n.382 È stata conferita al Governo una nuova delega e con il d.p.r. 24 luglio 1977 si È completato il trasferimento delle funzioni amministrative alle Regioni.
Dopo la l.15/3/97, n.59 e il decreto lgs.31/3/98,n.112, il conferimento delle funzioni, comprendente le funzioni di organizzazione e le attivitÀ connesse, È operato in blocco alle Regioni le quali poi debbono provvedere entro sei mesi a conferire agli enti locali subregionali le funzioni amministrative che non richiedono il loro unitario esercizio a livello regionale.
Ai sensi dell’art.118 Cost., le Regioni dovrebbero delegare agli enti subregionali l’amministrazione, mantenendo prevalenti compiti legislativi, di programmazione e di indirizzo dell’attivitÀ amministrativa. In realtÀ il quadro dell’amministrazione È molto accentrato e nelle stesse materie resta riservata allo Stato la funzione di indirizzo e di coordinamento per esigenze di unitarietÀ, cosÃŒ come le leggi cornice statali delimitano la legislazione regionale.
Controllo sugli atti amministrativi regionali: il controllo di legittimitÀ e talora anche di merito dei regolamenti di competenza del Consiglio regionale viene esercitato da una Commissione statale sedente nel capoluogo regionale, che puÃ’ annullare l’atto, prevista dall’art.125 Cost.
I RAPPORTI DELLA REGIONE CON GLI ENTI LOCALI INFRAREGIONALI
Principio di sussidiarietÀ il trasferimento di funzioni sia da Stato a Regioni sia da Regioni a altri enti locali si È ispirato al principio di sussidiarietÀ, attribuendo cioÈ le funzioni in discorso all’autoritÀ territorialmente e funzionalmente piÙ vicina ai cittadini, con esclusione delle sole funzioni che richiedono l’unitario esercizio a livello regionale. Il conferimento di compiti e funzioni agli enti locali È stato effettuato con legge regionale, antecedente il 30 settembre 1998, con la quale la Regione ha attribuito agli enti locali le risorse umane, finanziarie, organizzative e strumentali in misura tale da garantire la congrua copertura degli oneri derivanti dall’esercizio delle funzioni e dei compiti trasferiti.
Controllo sugli atti degli enti locali Ai sensi dell’art.130 Cost., spetta alla regione esercitare il controllo di legittimitÀ e di merito sugli atti delle province, dei comuni e degli altri enti locali, attraverso un Comitato regionale di controllo.
Sezione V : L’autonomia finanziaria regionale
La limitatezza di adeguati mezzi finanziari a disposizione delle Regioni È stata una delle cause del ritardato decollo dell’ordinamento regionale.
Autonomia finanziaria delle regioni: secondo l’art.119 Cost., alla Regione sono assegnati:
a) tributi propri e quote di tributi erariali in relazione ai bisogni regionali per le spese necessarie ad adempiere le loro funzioni normali, comunque troppo bassi per le esigenze regionali. Alle Regioni viene in pratica impedita la potestÀ impositiva regionale, potendo soltanto determinare aliquote di tributi giÀ disciplinati dal legislatore italiano.
b) contributi speciali per provvedere a scopi determinati, e particolarmente per valorizzare il Sud.
c) un demanio (che comprende i beni indicati dall’art.822 c.c., e che godono di inalienabilitÀ, incommerciabilitÀ, imprescrittibilitÀ) e un patrimonio regionale (che comprende gli altri beni appartenenti alla regione).
Secondo la l.158/1990 i tributi erariali del punto a) vengono accorpati in un fondo comune distribuito proporzionalmente alle regioni, e in un altro fondo sono raggruppati trasferimenti dallo Stato per gli investimenti. L’autonomia finanziaria È garantita anche dalla possibilitÀ di ricorrere all’indebitamento. La l..281/1970 prevede inoltre l’istituzione di un fondo diretto al finanziamento dei programmi regionali di sviluppo, composto di una quota variabile e di una fissa, e di un fondo sanitario nazionale, con la finalitÀ di garantire i livelli sanitari in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Ogni Regione adotta con legge, ogni anno, un bilancio annuale e un bilancio pluriennale, seguendo i principi fondamentali e le norme in materia di bilancio e di contabilitÀ delle Regioni fissati dalla l.19 maggio 1976, n.335.
Sezione VI : I controlli sulle Regioni
Organi di controllo: il controllo dello Stato sugli organi e sulle attivitÀ regionali costituisce lo strumento per garantire il rispetto delle esigenze unitarie e del quadro costituzionale complessivo.
Gli organi statali cui compete esercitare il controllo sull’attivitÀ e sugli organi delle regioni sono:
il Governo della repubblica: ad esso compete il controllo di legittimitÀ e di merito sulle leggi regionali, nonché il controllo sugli organi regionali.
il Commissario del Governo nella Regione: soprintende alle funzioni amministrative esercitate dallo stato e le coordina con quelle esercitate dalla Regione. Raccorda lo Stato e le Regioni, vistando le leggi regionali o rifiutando il visto, rinviando le leggi al Consiglio.
la Commissione statale di controllo: vedi pag.51
la Commissione interparlamentare per le questioni regionali : interviene nel procedimento di controllo per l’eventuale scioglimento del Consiglio, formula proposte al Governo per la concessione di contributi speciali alle Regioni e fornisce pareri di merito.
Controllo sugli organi regionali: il controllo su presidente della Giunta, Giunta e Consiglio È esercitato dal Governo nei seguenti casi: A) sulla Giunta e/o sul suo presidente quando compiano atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge, invitando il Consiglio a sostituire la Giunta o il presidente; B) sul Consiglio regionale qualora questo organo: a) compia atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge; b) non corrisponda all’invito del Governo di sostituire la Giunta o il presidente; c) non sia in grado di funzionare, per dimissioni o per impossibilitÀ di formare una maggioranza; d) per ragioni di sicurezza nazionale. La sanzione È lo scioglimento del Consiglio stesso.
Scioglimento automatico: la durata del Consiglio regionale È ridotta a un biennio se nel corso di ventiquattro mesi il rapporto fiduciario tra Consiglio e Giunta È comunque posto in crisi. Non sarÀ comunque difficile al Consiglio dissenziente porre in difficoltÀ la Giunta senza porre formalmente in crisi il rapporto fiduciario, evitando cosÌ la sanzione dello scioglimento anticipato.
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