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L'APPARATO DIGERENTE - LO STOMACO

Biologia



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L'APPARATO DIGERENTE - LO STOMACO

Nel libro 'Così parla lo stomaco', il prof. Arnold Ehret's fa pronunciare a tale organo queste eloquenti parole:'Geneticamente parlando io sono, all'inizio, null' altro che una primitiva cellula intestinale, un mi­nuscolo sacco con una apertura a forma di bocca. In tutte le specie viventi, uomo incluso, sono localizzato al centro del corpo. Questo perché sono l'unico organo in grado di gestire il cibo ingerito e farne l'alimento per tutte le cellule che compongono l'organismo. Anche il cervello, dal quale ricevo gli ordini, dipende da me per il nutrimento che gli invio tramite il sangue'.



In effetti lo stomaco, seppur indirettamente in quanto il suo lavoro dipende dal cibo ingerito, è il re­sponsabile di molti problemi, proprio  perché dalla qua­lità del sangue dipende il benessere di tutte le cellule e, in ultima analisi, dell'intero corpo umano. Se dunque la dieta non è adeguata, la qualità del sangue sarà scadente.

Costituzionalmente lo stomaco ha la forma di una cornamusa, è lungo circa 25 cm e largo 12. L'apertura superiore, da cui entra il cibo, si chiama cardias. Quella inferiore, da cui esce il cibo dopo esser stato ridotto ad un impasto (chimo) pronto ad entrare nell'intestino, viene chia­mata piloro.

La digestione

Lo studio più interessante fatto nei riguardi della digestione, si deve alle osservazioni fatte dal medico militare statunitense William Beaumont verso la fine del 1800. Questo medico ebbe la curiosa opportunità di sfruttare una disgrazia per fare degli interessanti esperimenti a livello scientifico.La vicenda iniziò quando un boscaiolo grande e grosso, andando a caccia di selvaggina, fece partire un colpo involontario che gli apri’ una larga ferita nell'addome perforandogli lo sto­maco. Questa lacerazione si chiuse quasi completamente, tranne che nel punto in corrispondenza della ferita allo stomaco, lasciando così una piccola apertura dalla quale poteva uscire, goccia dopo goccia, il prodotto della digestione.

Questo miscuglio era abbastanza disgustoso ma per­metteva, per la prima volta nella storia, uno studio reale delle funzioni dello stomaco durante i processi digestivi. Per amor di cronaca, va sottolineato che un tentativo in questo senso era già stato fatto dal natu­ralista italiano Lazzaro Spallanzani, il quale, in modo molto più complesso, studiava i processi digestivi avva­lendosi di pezzettini di cibo legati ad un lungo filo: egli ingeriva questi bocconi e, dopo un tempo più o meno lungo, li estraeva e li esaminava con cura per  vedere come si erano modificati a causa dei succhi gastrici, i cui componenti essenziali sono la pepsina ( enzima che consente l’attacco delle grosse molecole proteiche) e l’acido cloridrico (che rende possibile l’azione della pepsina).

E' curioso ricordare che il boscaiolo, di nome Martin, per la collaborazione con il Dott. Beaumont, riceveva un dollaro per seduta. Da questo studio minuzioso risultò assai chiara la potenza aggressiva degli acidi gastrici, nonché il pericolo che essi rappresentano per le mucose che ri­vestono le pareti interne dello stomaco e della prima parte dell'intestino.

I disturbi allo stomaco

A difendere le mucose dello stomaco provvede una so­stanza collosa (muco) che durante la digestione le rico­pre con molti strati. Quando questa protezione non è sufficiente gli acidi iniziano a digerire lo stomaco stesso con il conseguente insorgere di una piaga che viene definita ulcera gastrica. Può anche accadere che il chimo in uscita dallo stomaco sia troppo acido ed al­lora sono le pareti della prima parte dell'intestino (duodeno) a subirne gli effetti; in questo caso la piaga che si viene a formare prende il nome di ulcera duode­nale.

La ragione scientifica per cui vengono a mancare le dovute protezioni non è ancora ben chiara, è comunque certo che l'ulcera dipende da molti fattori uniti in­sieme, tra cui possiamo citare la tendenza costituzio­nale, lo stress emotivo e gli squilibri interni a li­vello ormonale e ghiandolare.(Eccessiva secrezione di succhi gastrici).

La gastrite acuta è una forma leggera di infiamma­zione della mucosa gastrica, infiammazione che spesso dipende da cibi inadatti o da tensioni nervose. E' bene che vengano presi opportuni provvedimenti (relax, correzione della dieta, ecc.), affinché la situazione non abbia a peggio­rare. Una forma più grave di infiammazione è costituita dalla gastrite cronica che, per strano che possa sem­brare, può dipendere da un eccesso di acidi (iperaci­dità) o da una insufficienza di essi (ipoacidità).

La terapia per lo stomaco

Oggi vi sono dei farmaci assai validi per i pro­blemi allo stomaco: per i casi di ipoacidità, si ricorre alla somministrazione di acido cloridrico officinale (a scopo farmaceutico), per quelli invece dove gli acidi abbondano, si ricorre a medicinali in grado di smorzare l'attività dei ricettori istaminici: questi organi rego­lano la produzione degli acidi, per cui un’azione riducente nei loro confronti equivale a diminuire l'acidità nello stomaco.

I farmaci moderni, frutto di anni di studi e speri­mentazioni, hanno eliminato la necessità degli inter­venti chirurgici che, spesso, non erano neppure in grado di garantire delle ricadute postoperatorie. Anche l'antica tendenza alla dieta in bianco è oggi abbando­nata, così come l'abitudine di fare pasti piccoli ma frequenti. In effetti i pasti frequenti non fanno che agire come stimolo continuo per quella produzione di acidi che sarebbe invece più opportuno diminuire.

Oggi il malato di stomaco può mangiare quello che desidera cercando comunque di eliminare gli agrumi, i pomodori crudi e le fritture (sempre sconsigliabili a chiunque). Anche la ricerca di una vita tranquilla e l'eliminazione del caffè, degli alcoolici e del tabacco è pur sempre consigliabile, prima come prevenzione, e poi come cura.

Stomaco e simbologia

Già la scelta dei cibi fatta da una persona, ci può fornire degli indizi interessanti sul suo carattere: ben lo indica il vecchio adagio 'Dimmi come mangi e ti dirò chi sei'. Un esempio ci viene fornito da chi, non sen­tendo soddisfatta la sua fame di amore, cercherà di sfamarsi abusando di dolciumi. Questo fenomeno si può osservare nei bimbi di alcuni genitori moderni, i quali pensano di dare tutto ai loro figli, ma non danno loro una vera mamma ed un vero papà.

Il processo di ingerire, digerire, ed assimilare gli alimenti, si collega invece, a livello simbolico, alle modalità con cui la mente riceve le impressioni dal mondo circostante, le esamina per quanto è necessario, e poi le elabora a favore della nostra coscienza. Alcuni detti popolari riguardano proprio questa analogia di fun­zionamento. Prendiamo, per esempio, 'Quel tizio mi sta sullo stomaco', oppure 'Questa è una cosa che non riesco a digerire': entrambi sono assai eloquenti nel presen­tare lo stomaco come strettamente abbinato alla fun­zione, propria della mente, con la quale qualcosa viene esaminato ed in seguito accettato o rifiutato.

L'ulceroso, in genere, cela qualche conflitto nel profondo della sua personalità; spesso ha un grande de­siderio di cure e attenzioni amorevoli, come quelle che, desiderava, o riceveva nell'infanzia, ma se ne guarda bene dal mostrarlo all'esterno. Visto da fuori, presenta infatti una bella facciata di sicurezza e di indipen­denza. Un suggerimento che gli giungerebbe opportuno, potrebbe esser quello di perdere l'abitudine di tratte­nere dentro sé (nel suo stomaco) le emozioni e l'ag­gressività, imparando a manifestare all'esterno i suoi sentimenti. Nella sua millenaria saggezza, l'agopuntura insegna che, simbolicamente, lo stomaco è la terra ed il fegato è il legno che con le sue radici, scende in profondità nella terra stessa; se aggiungiamo che il fegato viene considerato l'organo dove si raccoglie l'ira inespressa, ben si comprenderà quali effetti possa avere l'aggressività repressa  o l’autoaggressività sul buon funzionamento della digestione.

AUTOESAME PER CHI SOFFRE DI PROBLEMI ALLO STOMACO

Quali sono le persone che non riesco a digerire? Perché?

Quali sono le situazioni che non riesco a digerire? Perché?

Chi/che cosa mi pone in conflitto?

Chi/che cosa mi trattiene dal manifestare i miei sentimenti?

Che cosa succederebbe se manifestassi la mia aggressi­vità? Succederebbe, nella grande maggioranza dei casi, qualcosa di molto meno peggio di quel che temo; ed anzi, in alcune circostanze, la manifestazione della mia aggressività condurrebbe a risultati positivi.



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