CELLA
DI HADLEY
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Tutti
gli appassionati di meteorologia hanno sicuramente sentito nominare il signor
Hadley e ci che ha fatto per la conoscenza dei
processi che avvengono nell'atmosfera.
Questo illustre scienziato inglese del 18 secolo, ricercando quale possa
essere l'origine dei venti alisei (quei venti costanti che soffiano entro la
fascia intertropicale convergendo dai due emisferi in prossimit
dell'equatore), ha ideato un modello che riesce a spiegare questi movimenti,
allora misteriosi, delle masse d'aria.
Questo suo modello si basa sul semplice concetto di trasporto di calore da
una superficie calda ad una pi fredda attraverso un fluido: nel caso in
questione il fluido costituito dall'atmosfera, la fonte di calore il
sole, la superficie calda la fascia equatoriale mentre quelle fredde sono
le calotte polari.
Per tentare di bilanciare il divario termico tra le diverse latitudini l'aria
equatoriale, sottraendo calore al suolo surriscaldato dal sole, sale in quota
(fino a circa 16 km
di altitudine) per poi dirigersi nei due emisferi verso i rispettivi poli
dove ridiscende fino al suolo; dai poli, per chiudere il ciclo, l'aria al
suolo costretta a convergere nuovamente verso l'equatore: ecco spiegata
l'origine degli alisei.
Attraverso questo modello non si spiega, invece, il motivo per cui questo
genere di circolazione avvenga solamente nella fascia intertropicale; infatti
manca un elemento fondamentale: la rotazione terrestre. Il moto di rotazione
della Terra genera la deviazione delle masse d'aria in moto: nell'emisfero
nord l'aria viene deviata verso destra mentre nell'altro emisfero la
deviazione avviene verso sinistra. A causa di ci l'aria che viene riscaldata
all'equatore e sale in quota non si dirige pi in linea retta verso i poli ma
devia verso oriente raggiungendo, al massimo, i 30 di latitudine per poi
discendere al suolo e convergere verso l'equatore chiudendo il ciclo. Questa
circolazione atmosferica prende il nome di CELLA (o cellula) DI HADLEY e
risulta di fondamentale importanza nell'ambito della circolazione generale
atmosferica, nonch nella comprensione delle varie tipologie di clima e
habitat della zona torrida: dal quello caldo umido con foreste pluviali
dell'equatore, a quello arido con immensi deserti dei tropici.
Simone Abelli - Centro Epson
Meteo
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CICLONE
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In
meteorologia il ciclone quella figura barica (cio riguardante la
pressione) caratterizzata da isobare chiuse concentriche, aventi un minimo
nel centro ed in cui le masse d'aria si muovano in senso antiorario rispetto
al centro nell'emisfero settentrionale, in senso orario nell'emisfero
meridionale.
Questo ci che hanno in comune tutti i cicloni, i quali per si posson dividere in varie categorie a seconda della
grandezza, durata e genesi che li caratterizza. Distinguiamo perci i cicloni
in permanenti, extratropicali o mobili, termici, orografici e tropicali.
I cicloni permanenti sono determinati dalla circolazione generale
dell'atmosfera, e non sono altro che una fascia permanente di bassa pressione
intorno ai 60 di latitudine: a questi appartengono ad esempio il Ciclone
d'Islanda o il Ciclone delle Aleutine.
I cicloni extratropicali, o mobili, sono quelle depressioni mobili associate
allo sviluppo di sistemi frontali: rappresentano il tipo di depressione pi
comune alle medie latitudini, hanno un diametro medio di 500-2000 Km, ed un ciclo di
vita che va dai 3 ai 15 giorni.
Sia i cicloni permanenti che quelli extratropicali sono caratterizzati da
aria pi fredda di quella circostante, e si estendono fino alla troposfera.
I cicloni termici si originano per il forte riscaldamento di alcune aree
rispetto a quelle circostanti: ad esempio le depressioni che nelle giornate
si formano sulla terraferma rispetto al mare, oppure sui rilievi rispetto
alle zone di pianura. Sono responsabili delle brezze marine e montane. Questi
cicloni sono costituiti da aria pi calda di quella circostante e la
circolazione ciclonica si interrompe tra i 2000 ed i 4000 m di quota, per esser
qui sostituita da circolazione anticiclonica.
I cicloni orografici sono le aree di bassa pressione che si generano
sottovento ad una catena montuosa investita perpendicolarmente da forti
correnti d'aria.
Pi spazio dedichiamo ai cicloni tropicali, quelli forse pi conosciuti, e
sicuramente pi temuti, per i loro devastanti effetti: hanno diametro che va
dai 300 ai 1500 Km,
un ciclo di vita tra i 3 ed i 15 giorni, sono accompagnati da piogge
torrenziali e, nella fascia tra 30 e 60 Km dal loro centro, da venti che soffiano
a 150-200 Km
orari. Il nome con cui vengono indicati cambia a seconda dell'aria geografica
in cui si originano o su cui si abbattono: Tifone nel Pacifico Occidentale,
Uragano nel Nord America, Ciclone nell'Oceano Indiano, Willy-Willy
in Australia. La loro immensa energia dovuta alle grandi quantit di calore
rilasciate nell'atmosfera dalla condensazione di enormi quantit di vapor
acqueo, il quale viene sottratto agli oceani della fascia tropicale
dall'intenso riscaldamento solare. Infatti, quando la superficie dell'oceano supera
i 25C,
l'aria degli strati pi bassi, surriscaldata dall'acqua, diviene pi leggera
di quella circostante ed sospinta verso l'alto, condensando cos sotto
forma di nubi l'elevato contenuto in vapore. Si forma cos un muro di nubi,
mentre la grande quantit d'aria pompata verso l'alto fa s che si generi una
profonda depressione, la quale richiama aria calda ed umida dalle zone
circostanti.
Queste nuove masse d'aria, costrette a sollevarsi in prossimit del muro di
nubi, contribuiscono ad alimentare il ciclone, mentre la rotazione terrestre
imprime a tutto il sistema il classico moto rotatorio.
Parte dell'aria risucchiata nell'occhio del ciclone ricade verso la zona
centrale e, riscaldandosi per compressione nel moto di discesa, dissolve le
nubi in formazione: ecco perch nel centro del ciclone una zona di 15-30 Km di diametro, appunto
l'occhio del ciclone, risulta sgombra da nubi e caratterizzata da venti poco
intensi.
I cicloni tropicali si sviluppano tra i 5 ed i 20 di latitudine, dove il
riscaldamento delle acque oceaniche maggiore, ma non nelle zone prossime
alla fascia equatoriale: qui difatti sono trascurabili gli efetti della rotazione terrestre, e vien
perci a mancare la spinta necessaria ad imprimere alle masse d'aria il
caratteristico moto rotatorio attorno al centro di bassa presione.
Andrea Giuliacci - Centro Epson
Meteo
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CICLONI
EXTRATROPICALI
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Tutti
conoscono bene la differenza di insolazione che passa tra equatore e poli. La
differenza di temperatura tra aree equatoriali e calotte polari determina la
formazioni di tre grandi blocchi di aria omogenea: due sulle calotte polari ,
freddi e poveri in umidit e uno tra i due tropici caldo e ricco di vapore
acqueo. L'atmosfera non altro che un enorme macchina termica che provvede
al trasporto di calore dall'Equatore verso i Poli. Come ci avvenga e le
conseguenze di tutto questo sono in fondo abbastanza singolari.
La linea di demarcazione, al suolo, tra aria tropicale e polare viene detta
fronte polare. Ora il fronte, in realt non una rigida ed immobile
barriera, ma a causa delle forzate e improvvise deviazioni di percorso
introdotte dalle catene montuose, o dall'alternarsi di oceani e continenti,
risulter piuttosto una linea percorsa da ampie ondulazioni prodotte da spinte
alternate dell'aria tropicale verso nord-est e dell'aria polare verso
sud-ovest. Avremo, cos, che sul lato destro della cresta dove l'aria calda
sale verso latituni maggiori si creer un fronte
caldo, mentre a sinistra dove invece l'aria fredda a premere avremo un
fronte freddo.
Le ondulazioni, una volta innescatesi, tendono a divenire man mano pi ampie,
e ai vertici delle lingue calde, l'aria comincer ad invorticarsi
in senso antiorario e ad innalzarsi costretta dall'aria fredda pi densa: si
creer, in tal modo, un vortice depressionario. A
tali depressioni che si muovono alle medie latitudini, nella fascia delle
correnti occidentali, viene dato il nome di cicloni extratropicali, o anche
di depressioni mobili, per distinguerli dalle depressioni stazionarie della
fascia equatoriale o del circolo polare.
Le depressioni originate dalle ondulazioni del fronte polare si presentano
quasi sempre in gruppi da 3 a
5 membri, in cui ogni ciclone della famiglia scorre a latitudini sempre pi
basse di quello che lo precede. L'ultimo della serie seguito da un
anticiclone (al vertice della lingua d'aria fredda si produrr, specularmente a quanto avviene per l'aria calda, un'alta
pressione), anch'esso mobile, detto di chiusura, al quale associata una
consistente irruzione di aria fredda verso le basse latitudini.
I cicloni extratropicali che interessano l'Europa si originano in aree
abbastanza precise, ove il contrasto termico dell'aria tropicale che sale e
di quella polare in discesa pi marcato. Normalmente tali zone, dette ciclogenetiche (cio di
formazione dei cicloni), si identificano con l'Isola di Terranova, le coste
meridionali della Groenlandia e le zone circostanti l'Islanda. Tuttavia ha
grande influenza sull'origine e sul successivo moto delle famiglie di cicloni
extratropicali la posizione relativa delle aree depressionarie
fisse del nord Atlantico e dell'Anticiclone delle Azzorre.
Il maltempo sull'Italia non portato solo da questo tipo di perturbazioni;
anzi, molto spesso sono depressioni che si originano all'interno del
Mediterraneo a portare la pioggia sulla nostra penisola, ed anche in
abbondanza.
Il Mediterraneo una culla ideale per la formazioni di depressioni mobili e
sistemi frontali del tutto simili a quelli che nascono in seno al fronte
polare. Infatti, mediamente le acque superficiali del Mediterraneo superano
di circa 4C
quelle dell'oceano alla stessa latitudine: avviene cos che le irruzioni di
aria fredda, pi probabili in autunno e primavera, producano quel contrasto
termico sufficiente all'innescarsi di un ciclone. Tipiche a tale riguardo
sono le depressioni che si sviluppano in prossimit delle Isole Baleari e
lungo le coste del Nordafrica.
Un'altro esempio caratteristico delle depressioni che interessano l'Italia
sono i cicloni di origine orografica: vale a dire quelle aree di bassa
pressione che si generano sottovento alle catene montuose quando queste
vengono investite perpendicolarmente da veloci correnti. Il riferimento
ovviamente alla depressione che si crea sul Mar Ligure quando le Alpi
centro-occidentali sono interessate da forti correnti di maestrale. Questo
tipo di configurazione barica particolarmente significativo, in quanto
determina piogge,anche molto abbondanti, sulle regioni dell'alto e medio
Tirreno.
Dmitrij Toscani - Centro Epson Meteo
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CICLONI
TERMICI
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Uno
dei possibili meccanismi in grado di generare un'area di bassa pressione in
una porzione di atmosfera il diverso riscaldamento della superficie
terrestre da parte dei raggi solari.
La zona equatoriale, ad esempio, caratterizzata dalla costante presenza di
basse pressioni che formano una sorta di cintura attorno al globo resa
visibile, attraverso le immagini dei satelliti meteorologici, dalle imponenti
nubi cumuliformi che vi si sviluppano quotidianamente;
infatti la cosiddetta Zona Torrida, compresa tra i due tropici, risulta
essere l'area maggiormente riscaldata della Terra e le depressioni che si
formano al suo interno sono dovute proprio all'eccesso di energia termica
capace, fra l'altro, di innescare poderosi moti ascensionali dell'aria che
sono strettamente legati alla circolazione generale dell'atmosfera.
Ma per quale motivo questo meccanismo provoca un abbassamento della
pressione? La spiegazione piuttosto semplice.
La pressione atmosferica in un qualsiasi punto della superficie terrestre
prodotta dal peso della colonna di aria sovrastante; se in quel punto l'aria
viene scaldata si verifica un calo della sua densit: in pratica, a parit di
volume occupato, l'aria pesa di meno. Nello stesso tempo, a causa del fatto
che tra due fluidi mescolati quello pi leggero tende ad occupare i livelli
superiori e viceversa, si genera un moto ascensionale dell'aria la quale,
raggiunta la sommit, diverge spostandosi definitivamente da quella verticale.
Facendo i conti l'aria che sfugge dall'alto va a sottrarsi all'intera colonna
sottostante; risultato: sopra quel punto meno quantit d'aria, meno peso e
quindi pressione inferiore rispetto alle zone adiacenti. Una caratteristica
peculiare di queste strutture bariche che, a differenza dei cicloni di
origine dinamica (come quelli che interessano normalmente l'Italia), ai
livelli superiori si genera un'area anticiclonica: infatti, come si detto,
sopra la colonna l'aria diverge proprio come all'interno delle alte
pressioni.
Le dimensioni tipiche di tali strutture vanno dalle centinaia alle migliaia
di chilometri; di conseguenza si comportano come tutte le aree cicloniche con
i movimenti dell'aria a spirale attorno al centro. Per tale motivo vengono chiamati
CICLONI e, siccome sono generati dal riscaldamento solare, si definiscono
TERMICI.
Monsoni e brezze sono fenomeni a scale differenti causati da questo stesso
meccanismo: nella stagione calda (per i monsoni estivi) o durante le ore pi
calde del giorno (per le brezze diurne) la terraferma o la cima dei monti si
scalda maggiormente rispetto al mare o al fondovalle; di conseguenza, su
queste aree, si crea una bassa pressione in grado di risucchiare aria dal
mare o dalla valle.
Nel caso del monsone estivo la grande quantit d'aria umida richiamata
dall'oceano provoca la famosa stagione delle piogge; si hanno esempi
eclatanti nel sud-est asiatico. In maniera inversa si riscontrano i medesimi
meccanismi durante la stagione fredda per i monsoni e nella notte per le
brezze, quando il mare o il fondovalle risultano pi caldi della terraferma o
la cima dei monti.
Simone Abelli - Centro Epson
Meteo
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CIELO:
PERCH AZZURRO?
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Fin
da bambini abbiamo imparato ad osservare il colore del cielo ed a rappresentarlo
sui nostri scarabocchi attraverso tinte che vanno dall'azzurro chiaro al blu
scuro, comunque sempre nelle varie tonalit del colore blu.
Ci siamo mai chiesti il motivo per cui durante il giorno il cielo, quando
sereno, assume quella colorazione mentre di notte nero e si possono vedere
tutte le stelle? E poi perch al tramonto e all'alba il sole ci appare di
colore arancione-rosso?
Sembrer strano ma entrambe le questioni vengono spiegate attraverso il
medesimo fenomeno della fisica ottica: l'interazione dei raggi solari con
tutte le particelle che compongono l'atmosfera.
I raggi che ci arrivano dal sole sono di colore bianco: il bianco non altro
che la combinazione di tutti i colori, quindi si pu dire che dal sole ci
arrivano tutti i colori 'mescolati' nello stesso raggio di luce.
Questa miscela di colori arriva compatta fino al limite esterno
dell'atmosfera; una volta penetrata al suo interno subisce deviazioni ed
attenuazioni pi o meno pronunciate a seconda dello spessore dello strato atmosferico
attraversato e della concentrazione dei vari costituenti dell'aria (un po'
come una pallina all'interno di un flipper).
La fisica ci spiega che, tra le varie componenti del raggio di luce, quella
di colore azzurro-blu subisce, nell'urto con le particelle atmosferiche,
deviazioni maggiori rispetto alle altre componenti scorporandosi dal raggio
solare e sparpagliandosi per tutto il cielo. I vari raggi azzurri/blu vengono
poi riflessi in ogni direzione e la parte che raggiunge i nostri occhi ci fa apparire
il cielo di colore azzurro mentre il resto dei raggi prosegue quasi
indisturbato in linea retta. L'effetto di sparpagliamento dei raggi azzurri
talmente intenso da non consentire la visione delle stelle mentre di notte,
come si sa, tutto il firmamento visibile proprio a causa del fatto che
mancano i raggi solari da sparpagliare; se non ci fosse l'atmosfera avremmo
la possibilit di vedere tutto il cielo stellato e nero anche di giorno con
il disco bianco intenso del sole in mezzo, proprio come capita sulla Luna.
Durante un tramonto o un'alba i raggi solari devono attraversare uno strato
di spessore molto maggiore per giungere a noi rispetto a quando il sole si
trova alto nel cielo; durante questo tragitto, quindi, non solo la
componente azzurra/blu a subire deviazioni ed attenuazioni ma anche molte
altre lasciando nel raggio principale solo le tonalit dal giallo
all'arancione fino al rosso: per tale motivo il sole assume queste
colorazioni e, se si fa caso, anche quando la Luna si trova vicina all'orizzonte si presenta
allo stesso modo proprio perch i raggi solari che essa riflette subiscono lo
stesso processo fisico.
Simone Abelli - Centro Epson
Meteo
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CIRCOLAZIONE
GENERALE DELL'ATMOSFERA
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L'inclinazione
dell'asse di rotazione terrestre rispetto al piano dell'orbita apparente che
il Sole compie intorno alla Terra in un anno, fa s che le zone equatoriali
ricevano durante l'anno una quantit di calore dal Sole superiore a quella riemessa verso lo spazio.
Al contrario ai Poli il bilancio tra calore ricevuto e calore perso
negativo. Sulla base di queste indicazioni, si potrebbe arrivare a concludere
che la temperatura media all'Equatore in continuo aumento, mentre ai Poli
in graduale diminuzione. Invece tutto ci non accade: la temperatura media
all'Equatore o ai Poli non presenta una netta tendenza all'aumento o al calo
(negli ultimi 50 anni si in realt misurato un rialzo della temperatura
media del nostro pianeta di qualche frazione di grado, ma lo si tende a
collegare all'effetto serra). Questo significa che deve esistere un metodo
per ridistribuire il calore che la
Terra riceve dal Sole.
Gli oceani e l'atmosfera sono i due mezzi tramite i quali il calore viene
trasportato dalle zone equatoriali a quelle polari. Vediamo in questo
paragrafo il contributo dell'atmosfera.
Il primo modello che cerc di spiegare come avviene tale trasporto noto
come circolazione di Hadley, dal nome del fisico
che per primo lo introdusse nel 1735. In tale modello si fa l'ipotesi di
poter trascurare la rotazione terrestre, che, come vedremo pi avanti,
comporta in realt sostanziali variazioni al modello di Hadley.
Il calore assorbito dalla Terra intorno all'Equatore scalda le masse d'aria
soprastanti, le quali, dilatandosi, diventano meno dense, pi leggere e
salgono verso le alte quote della troposfera. Questa risalita d'aria genera
alle basse quote una zona di bassa pressione, mentre in quota l'apporto di
aria dagli strati sottostanti crea una zona di alta pressione.
Ai Poli invece il bilancio termico negativo genera un raffreddamento
dell'aria che, pi densa, si porta dagli strati superiori, dove si crea una
zona di bassa pressione, verso il suolo, dove al contrario si genera un'alta
pressione. Quindi al suolo masse d'aria fredda vengono spinte dall'alta
pressione polare verso la bassa pressione equatoriale, mentre in quota aria
calda viene spinta dalle alte pressioni equatoriali verso le basse pressioni
polari. Questo modello teorico s in grado di spiegare la ridistribuzione del calore, ma non rispecchia ci che
accade nella realt, dove non si osserva una circolazione delle masse d'aria
tra i Poli e l'Equatore lungo i meridiani, come descritto. La rotazione
terrestre ha infatti l'effetto di deviare verso destra le masse d'aria in
movimento nell'Emisfero Boreale e verso sinistra quelle nell'Emisfero
Australe (in fisica questa spinta verso destra o sinistra prende il nome di
forza di Coriolis).
La deviazione delle masse d'aria d all'atmosfera terrestre una dinamica
differente da quella prevista da Hadley, dinamica
che va sotto il nome di circolazione generale dell'atmosfera. Cos le masse
d'aria, dopo essere salite in quota all'Equatore, non riescono ad arrivare
fino ai Poli: intorno ai 30 di latitudine riscendono verso il suolo, dando
origine a una fascia di alte pressioni subtropicali, in corrispondenza delle
quali si trovano i deserti pi estesi del pianeta. Intorno ai 60 gradi di
latitudine si trova invece una fascia di basse pressioni, dove l'aria sale
fino alle quote superiori, per poi raggiungere i Poli.
A questa fascia di basse pressioni appartiene ad esempio il Ciclone
d'Islanda, che tra i principali responsabili delle condizioni
meteorologiche sull'Europa. Questo modello, che rispetto al quello di Hadley trova effettivamente riscontro nelle osservazioni,
non va per inteso come immobile: quella descritta solo una situazione
media. Non infatti raro che il Ciclone d'Islanda si spinga con profonde saccature fino alle latitudini del Mediterraneo o che
l'Anticiclone delle Azzorre raggiunga le isole britanniche.
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